lunedì 26 agosto 2013

Lui è tornato

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Lui è tornato
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di Timur Vermes
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brossura, 443 pag.
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traduzione: F. Gabelli
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€ 18,50 (ebook € 9,99)
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Bompiani
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- (qualche lieve) spoiler inside - 
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Il "lui" di cui si parla è il dittatore tedesco salito al potere nel 1933: A.H. 
(per motivi miei non desidero scriverne il nome e cognome completo).
Non è un sosia, non è un alieno né un cyborg: è proprio lui che si ritrova appena svegliatosi in una viuzza di Berlino, con ancora indosso l'uniforme puzzolente di benzina.

Ha i ricordi confusi, non capisce dove si trova e soprattutto ci mette un pochino per scoprire quando si trova.

Cammina cammina, "lui" viene ospitato e rifocillato da un simpatico edicolante, il quale generosamente gli offre un piccolo spazio come provvisoria abitazione.
Da qui in poi si dipanano le "avventure" di A.H. che, prevedibilmente, diventerà una star della tv e del web.
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Ho acquistato il libro dopo aver ascoltato una interessante trasmissione su Radio 3 nella quale il conduttore intervistava l'editore tedesco del libro; libro che, com'era prevedibile, in Germania ha scatenato una ridda di polemiche (vendendo nel frattempo oltre 600mila copie).

Nella Bundesrepublik non è l'argomento in sé ad essere tabù, ma è l'eventuale domanda "come è potuto accadere" a suscitare ancora - giustamente - scompiglio e imbarazzo tra il popolo tedesco.
Nella trasmissione succitata l'editore (o un suo rappresentante, non ricordo...) pareva molto divertito dalle polemiche e le discussioni che l'uscita del libro stava provocando un po' dappertutto e si era affrettato ad assicurare il pubblico del fatto che l'autore non era un na*ista né intendeva fare alcuna apologia, anzi il suo scopo era esattamente l'opposto.
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Insomma: complice anche l'occasione di poter leggere sul sito dell'editore italiano uno stralcio del primo capitolo, ho comprato il libro e in un paio di sere ne ho terminato la lettura.
Per quanto riguarda il plot, ho apprezzato il catapultare ai nostri tempi un personaggio storico, anche se l'idea in sé non è né nuova né originale, ma è comunque un tipo di escamotage letterario e cinematografico che mi è sempre piaciuto, nonostante buoni risultati ne abbia letti/visti non moltissimi.

Il romanzo è scritto in modo assai scorrevole e si legge molto velocemente.

I pensieri del protagonista - A.H. - sono sufficientemente realistici da non tradire il patto di sospensione dell'incredulità fatto col lettore/la lettrice.
E qui finiscono gli aspetti positivi del romanzo, per quel che mi riguarda.

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Nonostante l'autore abbia detto e stradetto che non era sua minima intenzione "minimizzare" gli orrendi crimini del dittatore, di fatto la sensazione che si prova lungo tutta la lettura del romanzo è quella di una sorta di "simpatia" verso il protagonista, il quale - certo - ragiona in base alle sue convinzioni (quindi, è ovvio, per lui i "crimini orrendi" non esistono), ma resta quello che fa la "miglior figura" tra tutti i personaggi del romanzo.

A proposito dei quali, tutti/e, nessuno/a escluso/a, ci fanno una figura barbina in quanto l'autore li descrive e li fa comportare come fossero persone di intelligenza molto inferiore a quella del dittatore.

Oltre a ciò li ho trovati monodimensionali, quasi come se l'autore si fosse sentito costretto ad aggiungere dei deuteragonisti con l'unico scopo di rendere ancor più "grande" il protagonista. Infine: questo romanzo ha pretese realistiche, pur partendo da un presupposto assurdo, visto che l'ambiente è quello contemporaneo e il mondo in cui si svolge è assolutamente il nostro; stante tutto ciò, non è possibile che tutti/e i personaggi si comportino da perfetti idioti per tutta la durata del romanzo!
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Ora, nessuno - purtroppo - può negare che nel male, nell'orrore, nel crimine e nella disumanità, il dittatore "grande" lo sia stato sul serio; ma tutto ciò che di negativo egli è stato, viene come stemperato in questo romanzo, viene diluito nella sua "simpatia", nel suo essere più intelligente, quasi "migliore" di chiunque gli stia intorno.

Avevo sentito dire (ma non ho alcuna fonte per dimostrarlo) che l'intenzione di Timur Vermes fosse stata quella di presentare l'oggi, l'attuale situazione politica e sociale, quasi come "peggiore" di quella della Germania del 1933 - 1945. Ripeto: non si prenda per buona questa "teoria" perché ne ho un ricordo troppo impreciso per definirla sicura e certa.
Se così fosse la cosa mi disgusterebbe sia da un punto di vista politico che da un punto di vista squisitamente umano, perché paragonare la Germania di oggi, che così come l'Italia e il mondo democratico-capitalista tutto è certamente piena di difetti e contraddizioni, anche molto pesanti, alla Germania della dittatura mi pare operazione da respingere in pieno.

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Non mi aiuta ad ammorbidire il giudizio negativo l'appurare che nel romanzo una delle peggiori figure venga fatta dai neona*isti, anzi il fatto che il dittatore, ancora una volta, "emerga" per intelligenza e statura politica rispetto alla meschinità dei neona*isti (che, per inciso, sono sbeffeggiati dal dittatore perché sono "troppo poco" na*isti, non per altro, eh!) canalizza ulteriormente la "simpatia" verso il protagonista. O meglio, cerca di canalizzarla, dato che per quel che mi riguarda di simpatia non ne ho provata un'oncia, com'è giusto che sia.
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Sono conscio del fatto che stiamo parlando di fiction: sono conscio del fatto che, per esempio, narrare di uno squartatore seriale non rende automaticamente l'autore un fan del criminale e so bene che non è immorale provare simpatia per il criminale. Il voler rendere "simpatico" A.H., invece, la trovo una cosa molto diversa. Ripeto: nel libro chiunque ha una statura "inferiore" al dittatore redivivo, il quale ottiene uno straordinario successo come divo-pop.

Mi torna alla mente una fanzine ultra-undergound che lessi una venticinquina di anni fa, nella quale venivano letteralmente, e seriamente, glorificati i serial-killer più famosi e contemporaneamente venivano ridicolizzate le loro vittime. Non c'è bisogno di essere troppo moralisti o bacchettoni per trovare ripugnante una cosa del genere.
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Ho altresì sentito dire che l'autore di Lui è tornato intendeva, con il romanzo, presentare i pericoli della seduzione che un simile personaggio avrebbe anche al giorno d'oggi, e questo nel romanzo è sì presentissimo, sempre però al prezzo di non trovare una persona una che contesti le affermazioni del divo-pop che, seppure inizialmente inserite in un contesto "comico", dovrebbero infine indignare più d'uno/a. Invece, niente. Anzi: finalmente qualcuno che gliele canta, a questi turchi!

Ok, il meccanismo lo conosciamo e avviene, mai come ora, anche qui da noi con esponenti politici che augurano la morte ad altri esponenti politici (che magari hanno il colore della pelle "non conforme"), ma c'era bisogno di un romanzo in cui uno dei peggiori criminali della Storia pare quasi il migliore in campo per ribadire concetti che purtroppo abbiamo sott'occhio tutti i giorni?
Il romanzo finisce con un cliffhanger, non prevedibile e ben costruito: sta a chi legge "decidere" come la storia - o la Storia... - proseguirà.
Sono sicuro che l'autore non aveva alcuna intenzione di "riabilitare" A.H., ma troppi elementi hanno fatto sì che questo romanzo non mi piacesse e di sicuro non vi ho trovato all'interno nulla di "comico".






Timur Vermes


2 commenti:

cooksappe ha detto...

paura

Nick Parisi. ha detto...

La penso come te, per il resto non intendo dare a" lui" ( inteso come personaggio storico) nemmeno il più piccolo briciolo del mio tempo.
Non lo merita.