MADONNA - “CONFESSIONS ON A DANCEFLOOR” (Warner Bros/Wea)
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"Time goes by so slowly..."
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Lo scritto che segue probabilmente non convertirà nessuno alle gioie del pop e al profanissimo culto di Madonna... Spero comunque che, messi da parte per una quarantina di minuti i soliti paraocchi da musicofili incalliti & impegnati, si dia almeno un ascolto (e una danzata) a questo Confessions On A Dancefloor, perché trattasi di un album molto bello!
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"Time goes by so slowly..."
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Lo scritto che segue probabilmente non convertirà nessuno alle gioie del pop e al profanissimo culto di Madonna... Spero comunque che, messi da parte per una quarantina di minuti i soliti paraocchi da musicofili incalliti & impegnati, si dia almeno un ascolto (e una danzata) a questo Confessions On A Dancefloor, perché trattasi di un album molto bello!
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Madonna si reinventa completamente, ogni suo lavoro è diverso dal precedente e, certo, questo può essere sintomo di perenne indecisione, ma anche di fantasia ed energia da spargere a profusione sul brilluccicante (oddìo, ultimamente neanche poi tanto...) mondo del pop.
E così dopo la maturità di Ray Of Light, album stupendo che l'ha leggermente sdoganata anche agli occhi dei critici più ottusamente ostili a tutto ciò che non è "musica impegnata" (?!?), dopo le avventure elettro-country di Music, altro bell'album di cui - ingiustamente - i più conoscono a malapena l'omonimo singolo trituraossa, dopo American Life, disco splendido e sottovalutato nel quale fanno capolino - ed è una novità - dark-ballads melodicamente commoventi e intense, dopo tutto ciò Madonna torna alla dance.
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Ma "torna" in realtà è termine improprio, perché qui non si tratta né della dance chic à-la-Erotica né tantomeno delle canzoncine ballabili-e-tanto-scemine degli esordi che, con una specie di hit organ bontempi e un computerino, i produttori dell'epoca le confezionavano su misura (e che comunque la consacrarono icona mondiale della pop music).
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La dance music di Confessions On A Dancefloor è di tutt'altra pasta: forte parentela con certa techno non estrema, sistematica ricerca melodica, cupezza d'atmosfere, perfezione formale, intensità.
Com'è noto i brani di quest'album sono mixati tutti insieme senza soluzione di continuità; dunque lo scopo dell'operazione è chiarissimo: far ballare.
Probabilmente però lo scopo di questo disco è anche un altro, forse ancora più importante: farsi ascoltare.
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Non si spiegherebbe altrimenti la cura per la melodia che permea ogni singolo brano, visto che per far ballare la gente basterebbero una sequela di "unz-unz" a bpm medio-alti (o, a seconda dell'età, una massiccia dose di Disco Music dei Seventies) senza star troppo a scervellarsi su melodie, armonie, atmosfere...
Ciò sta a significare che ci troviamo di fronte ad un album potente ma non aggressivo (per quanto, per esempio nel brano Push, certe frequenze, probabilmente non udibili ad "orecchio nudo", arrechino un certo, momentaneo disturbo/disagio...); un album che non soffre delle limitazioni a-melodiche della techno e che, pur autenticamente dance, non per questo si fa schiavizzare dal beat.
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Altra caratteristica importantissima del disco, che lo rende ancor più piacevole all'ascolto, che ne è anzi un tratto distintivo, è l'omaggio che Madonna tributa a stili, gruppi e tempi che sicuramente l'hanno segnata - e come lei, tanti di noi - nel suo passato.
Si tratta quindi di un'operazione nostalgia? Tutt'altro. E', ripeto, un disco modernissimo, ma che tributa il dovuto rispetto a chi di dovere, a chi tale e tanta influenza ha avuto sulla musica pop (o sulla musica e basta).
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Gli omaggi cominciano da Hung Up, primo brano e singolo riempipista già ai vertici delle classifiche di mezzo mondo, che usa come base un campionamento di Gimme Gimme Gimme degli Abba, continuando col secondo Get Together, quello forse maggiormente imparentato con certa pre-techno facente capo agli Snap.
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Nel terzo, potente brano - Sorry - in cui tra l'altro abbiamo l'onore di sentire Madonna pronunciare una breve frase in italiano ("...sono spiacente, perdonami...") è evidente il tributo ai Jacksons di Can You Feel It, una grande canzone epica pur nella sua danzabilità. In Future Lovers la citazione è simpaticamente spudorata: I Feel Love di Donna Summer. Ricordiamo che quel brano, prodotto a Monaco di Baviera da Giorgio Moroder nel 1976, oltre a essere anni luce avanti per i tempi, è stato uno dei brani più influenti per generazioni di poppettari-elettronici, dai Depeche Mode in giù, ed è di chiarissima marca elettronica (e ai tempi "elettronica", "pop" e "pubblico di massa" non andavano ancora così daccordo...).
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E a proposito di Depeche Mode: eccone gli echi In I Love New York, sontuosa, ossessiva e che contiene una certamente inconsapevole citazione: le note del riffettone del ritornello sono quelle di I Wanna Be Your Dog degli Stooges (ah ah ah!). Daltronde, si sa, le note sono solo sette, no?
Ma Madonna può anche, felicemente, permettersi di auto-citarsi, operazione riservata agli egomaniaci o, appunto, alle icone: in Let It Will Be l'intro e il motivo di base della canzone ricordano una "versione 2005" di Papa Don't Preach.
Mentre l'eterea e sfolgorante melodia di Forbidden Love (il mio brano preferito, credo) aiutata dal delicato uso del vocoder, ci riporta ad atmosfere melanconiche che potrebbero ricordare (...) ciò che gli Imagination avrebbero potuto fare oggi... Un ritornello-killer, di quelli che ti prendono testa e cuore e non vedi l'ora di risentire, magari in cuffia e a tutto volume.
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Arriviamo a Jump, forse il brano meno memorabile dell'album, per quanto (ritornello a parte) la citazione a Trans Europe Express dei Kraftwerk sottesa nel ritmo di base lo renda interessante.
How High possiede anch'esso una melodia-killer implacabile e omaggia certa dance sbarazzina dei primi Anni 80, anche se il brano in se' è tutt'altro che "sbarazzino" essendo dotato di una cupezza di fondo che me lo fa amare molto.
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In Isaac troviamo echi del penultimo album di Madonna (il citato American Life), sia per la "disposizione" più acustica del brano che per la sua morbidezza; oltre a ciò è palese il richiamo a certa world-music, che sfrutta ad effetto melodie e voci mediorientali e/o africane.
Push è la canzone col tema di base più ossessivo dell'intero album (quella con gli "inserti sonori disturbanti"...) ed è anche quella coi bpm più bassi. Ad un tema che poco concede a qualsivoglia melodia, si alterna un ritornello dolce e piacevole che ricorda molto da vicino sia quello di Like A Prayer (dall'omonimo album) che una popolare melodia ebraica.
L'ultimo, bellissimo brano è Like It Or Not nel quale ritornano prepotentemente alla memoria i Depeche Mode più cupi e meno compiacenti.
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Dopo tutto ciò, non si pensi ad un album di banali scopiazzature. Nessuno può mettere la mano sul fuoco rispetto all'eventuale sincerità d'intenti di Madonna (né, credo, ad alcuno interessa farlo!).
Con Confession On A Dancefloor Madonna ha ancora una volta dimostrato sia di avere ancora molto da dire sia di meritarsi lo status di icona del pop.
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Ora scusatemi: torno a ballare...
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"...mi sembra che cerchi di cambiare ed evolversi ogni volta, facendo scelte coraggiose ed andando a collaborare sempre con gente diversa per ottenere qualcosa di nuovo. Non si puo' non apprezzare un atteggiamento simile, qualunque genere si ascolti!" [Albyrinth 25/11/2004]
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Orlando Furioso - Novembre 2005
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Confessions On A Dancefloor Tracklist:
.1. Hung Up
.2. Get Together
.3. Sorry
.4. Future Lovers
.5. I Love New York
.6. Let It Will Be
.7. Forbidden Love
.8. Jump
.9. How High
10. Isaac
11. Push
12. Like It Or No
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