venerdì 8 marzo 2013

I ragazzi di Anansi




I ragazzi di Anansi
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di Neil Gaiman
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romanzo, 356 pag.
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€ 15,00
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Mondadori Strade Blu
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Non è che a Neil Gaiman manchi il dono dell’ironia. E’ che, di solito, la mimetizza tra pieghe spazio-temporali preferibilmente cupe e nebbiose.
Ecco: in quest’ultimo romanzo – I Ragazzi di Anansi – dell’amatissimo scrittore inglese l’ironia fa più capolino di quanto siamo abituati ad aspettarci. Intendiamoci, non è che Gaiman sia uno scrittore pedante o che si prenda noiosamente troppo sul serio.

Lui, anzi, scrive di miti e se si vuol scrivere in modo davvero efficace di miti, l’ironia dev’essere una compagna costante, seppur mai invasiva.
Accidenti, ho sbagliato a iniziare così: adesso qualcuno crederà che Neil Gaiman abbia scritto un romanzo comico… Così non è, naturalmente; ma è innegabile che il leggere un Gaiman più arioso, forse anche più leggero, più ironico, appunto, meno cupo del solito, mi ha colpito parecchio!

A scanso di equivoci è bene stabilire subito che – come sempre – i sostenitori di Neil (e non siamo in pochi…) troveranno questo romanzo bellissimo; e lo è, ovviamente! Essere fan di Neil Gaiman non significa bersi acriticamente tutto ciò che egli produce: significa avere l’anima “giusta”, quindi la giusta chiave, che permette di entrare nei mondi fantastici che lui e pochi altri sono in grado di costruire in modo così perfetto. Sintonia empatica, una cosa del genere. Roba seria, comunque, nonostante il rischio di esser presi per eccentrici.

Non è indispensabile aver letto American Gods – altro splendido romanzo del Nostro - per gustarsi appieno I Ragazzi di Anansi ne’ voglio dire che quest’ultimo romanzo sia una specie di prosieguo del precedente; epperò i due romanzi hanno ben più di un collegamento. Il dio Anansi – che comunque non è esattamente il protagonista della storia – era presente (giusto una comparsata, se ben ricordo) in American Gods. Questo non fa de I Ragazzi di Anansi uno spin-off diAmerican Gods, intendiamoci! E’ semmai il milieu, il materiale di costruzione del romanzo che è il medesimo, si capisce che la realtà fantastica è la stessa in entrambi i romanzi. Forse, anzi, è la stessa di ogni cosa scritta da Neil Gaiman…

Dunque – ormai sarà ovvio - ancora una volta si parla di dèi.
Divinità considerate “minori” in un certo luogo/contesto che diventano incredibilmente importanti e potenti se ci si sposta di qualche migliaio di kilometri e di un paio di piani di realtà. Il Gioco delle Dimensioni e delle Realtà funziona bene anche qui, come in ogni altro romanzo del Nostro: percezioni e senso circolare del Tempo, "da qualche parte" che può significare"ovunque" e anche "sempre". E poi come sempre, grazie a dio, ci sono loro: gli dèi.
Questa volta Neil Gaiman decide di partire da materiale mitico africano, forse il più antico del mondo e ci si muove bene tra quel materiale: la scrittura fluisce appassionando, divertendo e facendo riflettere. La storia è assurda al punto giusto (come sempre inserita in un contesto comunque abbastanza “normale”, perlomeno apparentemente), ironica – già detto, lo so – e in certi momenti e per certe atmosfere mi ha addirittura ricordato Tom Robbins e il suo gioioso e spericolato paganesimo.

Un piccolo particolare, che non so se ho notato solo io: Neil Gaiman, uno dei ragazzi più… bianchi che io abbia mai visto, forse soffre un poco di un – d'altronde logico! – timore reverenziale verso le Storie e le Magie africane. Le Madri di Tutte le Storie, si potrebbe dire. Un pensiero (forse sciocco): in certi, piccoli momenti ho avuto la stessa impressione che, immagino, avrei se mi trovassi davanti un Sandman non scritto da Neil. Magari scritto benissimo, ma non da Neil.

Questa impressione, estremamente soggettiva non inficia minimamente, sia ben chiaro, la gioia della lettura di questo riuscito, divertente romanzo.
“Ciccio” Charlie – il personaggio principale de I Ragazzi di Anansi - è un giovanotto americano trasferitosi in Inghilterra in tenera età; è timido e sufficientemente imbrananato; è orfano (forse) e figlio unico (ma può darsi di no…); ha una fidanzata (un po’ stronza) che a sua volta ha una madre (stronzissima) e un datore di lavoro (un vero bastardo); ha anche delle ex-vicine di casa in Florida: adorabili (chissà) vecchiette che fanno il tacchino ripieno per la festa del ringraziamento… Possibile immaginare qualcosa di meno africano di tutto ciò?!?
Eppure…

Eppure ad Anansi appartengono tutte le Storie. E le Storie sono Canzoni. Perché Tutto cominciò con una Canzone ("...Al principio era il verbo...").
Così come in American Gods, anche ne I Ragazzi di Anansi la Magia non è una dimensione a parte da trattare con sacrosanto terrore o rispetto, ma fa parte del tutto ed è cantata in modo naturale e Gaiman è molto bravo in questo, a rendere cioè plausibile la Magia.

Il romanzo passa con naturalezza da atmosfere urbane e quasi-thriller a mondi esistenti un battito d'ali più in là, dall'amore alla ghost-story, da Londra all'Inizio del Mondo all'insopportabile calura della Florida. Come sempre: si beve tutto d'un fiato e si chiude infine il libro con quel noto senso di soddisfazione che i fan di Gaiman conoscono così bene.
Nonostante questo non sia il suo miglior romanzo.

Orlando Furioso - giugno 2006



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