Posted: 18 Feb 2020 06:32 AM PST
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sulla serie Netflix
Per me è così: l'offerta è troppa, il tempo "libero" pare diminuire con l'aumentare dell'età [...e mi mancano ancora QUASI SEI ANNI alla pensione!...] e finisco, insieme a mio marito, a guardare le prime puntate di cinquecentosessantaquattro telefilm su Netflix o Prime Video e a non vedere mai più le seconde puntate, per non parlare delle terze, le quarte e via dicendo [1].
So
di non essere l'unic* ad avere questo problema di gestione dell'offerta
e di bulimia nel voler "provare un po' di tutto" finendo per passare
ore a sfogliare il catalogo senza riuscire a decidere, sprecando così
più di una serata [2].
Ci sono però alcune serie che hanno la precedenza assoluta e di una di esse sono, lo ammetto, fan sfegatato: si tratta del semi-reality Ru-Paul Drag's Race, una competition riservata alle Drag Queen americane di cui finora sono state realizzate ben 11 stagioni, tutte rigorosamente guardate con trepidazione da me e mio marito [in casa vige il divieto assoluto di guardare anche una sola puntata senza la presenza di entrambi!], disponibile su Netflix.
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Jinkx Monsoon, vincitrice della 5 stagione di RuPaul Drag's Race e una delle mie Drag Queen preferite |
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I miei primi "contatti" con RuPaul - al secolo Rupaul Charles, forse la Drag Queen attualmente più famosa al mondo - risalgono a tempi non sospetti, quando cioè il termine Drag Queen non era ancora entrato nell'immaginario più o meno collettivo.
Erano i primissimi Anni 90 e io ero co-redattore di una delle più belle fanzine italiane di sempre: Speed Demon, una fanzine - fatta di carta, ovviamente - che si occupava di queer-punk e di un milione di altre cose collegate all'essere gay/lesbo/trans in modo non-conforme. Qui sotto due delle (posso dirlo? magnifiche!) copertine da me realizzate con carta, forbici e colla:
RuPaul - ancora del tutto sconosciut* qui in Italia - mi "arrivò" proprio tramite Speed Demon, fanzine grazie alla quale entrammo in contatto epistolare con moltissime persone appartenenti alla controcultura queer [specifico che all'epoca - primi Anni 90 - il termine queer aveva un significato affatto diverso da quello odierno], tra cui una incredibile drag queen chiamata Vaginal 'Cream' Davis che in quel momento aveva una fanzine pazzesca intitolata, davvero!: Fertile LaToyah Jackson [!!!!!!...] con tonnellate di foto, molte delle quali raffiguranti lei stessa mentre leccava i piedi a molte 'personalità' del punk hardcore americano (ricordo ad esempio l'integerrimo straight-edge Ian MacKaye dei Minor Threat...).
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Così come Vaginal Davis - allora aveva ancora un "Cream" in mezzo al suo nome - rappresentava il lato controculturale, sporco e decisamente poco presentabile del queer, RuPaul rappresentava invece il lato più pop e, diciamo, compromissorio col sistema e la stessa Vaginal Davis non mancava di marcare la differenza tra le due filosofie di vita.
E così, grazie a questo "paragone" conobbi RuPaul che, tra l'altro, è una grandissima amica proprio di LaToyah Jackson con la quale ha anche realizzato una serie televisiva (divertentissima: ne ho viste molte puntate in videocassetta).
cover di un numero della fanzine Fertile LaToyah Jackson e, a destra, Vaginal Davis . |
Ovviamente proprio grazie a questa profonda differenza nel vivere la propria personalità e nell'intendere la propria cultura, l'una è rimasta in territori molto più underground mentre l'altra - RuPaul - è diventata pian piano un fenomeno quasi di massa, complice anche la riproposizione di certi cliché benaccetti da molta parte del pubblico americano, come ad esempio la sua dichiarata - e talvolta platealmente sbandierata - adesione al cristianesimo.
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Intendiamoci: RuPaul ha dovuto combattere e arrancare con le unghie e coi denti per arrivare dov'è ora, perché non dimentichiamo che per moltissime persone - la maggioranza?... - una drag queen è destinata a bruciare all'inferno dopo morta e se le si può assestare qualche cazzotto e magari pestarla a sangue mentre è ancora in questa vita si fa un favore a Gesù. "God hates Fags" ["...and Lesbians, and Drag Queen..."] è uno slogan ancora molto - troppo - presente tra i 'cristiani rinati' e i fans di donaldtrummp.
RuPaul |
Quindi sebbene sia innegabile che il tipo di cultura proposta da RuPaul sia sostanzialmente pop, accomodante e 'pacifista', improntata a una rivendicazione di accettazione delle varie diversità, più che a una radicale contestazione del patriarcato, è altrettanto innegabile che per certe culture e certi Paesi tutto ciò è ancora visto come l'anticamera dell'arrivo dell'Anticristo sulla Terra.
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Quindi benvengano 10, 100, 1000 RuPaul e le loro trasmissioni televisive, magari un po' "sciocchine" [e incredibilmente divertenti!] ma che tanto bene fanno alle e ai giovani gay/lesbo/bi/trans/drag che le guardano e che introducono lentamente nella cultura pop l'accettazione pacifica della diversità di ognun* di noi.
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E ora parliamo un po' della serie Netflix, per RuPaul - creatore della stessa insieme a Michael Patrick King (già sceneggiatore di Sex and the City e Will & Grace) - un traguardo certamente impensabile fino a non molto tempo fa: AJ and the Queen.
la bravissima, giovanissima Izzy G., la "AJ" del titolo della serie |
Il telefilm è stato molto criticato, più da "fuoco amico" che dall'esterno bisogna dire, per una eccessiva dose di "buonismo" e di "irrealtà", forse dimenticando che non si trattava di un documentario sulla situazione minorile e delle drag queen in USA, ma di un telefilm di finzione.
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La storia in brevissimo: Robert Lincoln Lee (RuPaul), alias Ruby Red quando calca i panni come drag queen sui palchi d'America, si ritrova improvvisamente truffato da quello che credeva essere l'amore della sua vita (interpretato da un Josh Segarra non particolarmente espressivo né brillante, se si eccettuano le ultime puntate della serie).
Robert/Ruby è distrutto e completamente al verde e ha un contratto da rispettare per una serie di spettacoli drag in giro per gli Stati Uniti.
Consolato e supportato dall'amico/a del cuore, il nonvedente Louis Bell aka la drag queen Cocoa Butter (uno strepitoso Michael-Leon Wooley che da solo rende la serie degna di essere vista), Robert/Ruby si ritrova a gestire per tutta la durata della scalcinata tournée una ragazzina di dieci anni costretta dagli eventi e da una madre tossica a vivere per strada e a procacciarsi il cibo con piccole truffe ai danni dei passanti. La ragazzina è la AJ del titolo ed è interpretata da una bravissima Izzy G.
lo strepitoso Michael-Leon Wooley - Louis Bell/Cocoa Butter |
La situazione è ovviamente inverosimile, visto che un gigantesco nero (RuPaul è alto 1m e 90 cm, senza i tacchi) che viaggia con un camper zeppo di parrucche, trucchi e protesi per tette e fianchi con una bambina bianca accanto sarebbe stato fermato da tutte le pattuglie di polizia degli Stati Uniti d'America, pestato e incarcerato per l'eternità prima ancora di aver detto "salve".
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E' una favola, una favola bella, buona e consolatoria, una favola in cui i buoni (sentimenti) vincono e la si prende per quello che è, con momenti tanto inverosimili quanto toccanti e commoventi, specialmente per coloro che magari certe situazioni - se non uguali, magari simili - le hanno vissute in prima persona.
Tornando alla trama: la tournée di Robert/Ruby Red tocca varie location ed è un'occasione per veder recitare nella serie alcune delle protagoniste del programma di RuPaul citato sopra - RuPaul Drag's Race - cosa riuscita graditissima a chi come me è un fan della trasmissione suddetta.
RuPaul è oramai un consumato attore/attrice: oltre alle dodici stagioni del suo reality, ha all'attivo dozzine di partecipazioni con ruoli più o meno importanti in film, documentari, mockumentary, video musicali ecc. Quindi nulla da eccepire sulla sua interpretazione, che è perfetta. L'altra vera star della serie è la piccola, strepitosa Izzy G./AJ.
Tia Carrere, che interpreta Leilani Kala'i, alias Lady Danger |
Al di là del fatto che nella versione italiana soffre di un brutto doppiaggio, troppo lagnoso e poco realistico, ascoltarla recitare con la sua voce originale è decisamente meglio e, oltre alla voce, è perfetta negli atteggiamenti e nelle movenze; ma soprattutto nelle espressioni, che toccano un'intensità che solo una bimba di dieci anni può realmente "sfoggiare".
Altra superstar della serie è - già detto, ma lo ripeto volentieri - lo strepitoso Michael-Leon Wooley, che interpreta il migliore amico di Ruby Red, il corpulento. non vedente Louis Bell, alias Cocoa Butter quand'è in drag.
Talmente bravo che in rete si è scatenata la "caccia al cieco" perché mentre guardi AJ and the Queen ti convinci che Cocoa Butter sia realmente non vedente! Louis Bell resta per tutta la serie un punto fermo, e di appoggio - anche a distanza - per Ruby Red e con la sua imponente presenza contribuirà alla risoluzione di diversi problemi. Spassosissima inoltre la sua tormentata storia d'amore con l'agente Patrick Kennedy, personaggio cui forse non è stato dato lo spazio che avrebbe meritato.
Altro personaggio degno di nota, anche se eccessivamente caricaturale e quindi davvero poco credibile, ma non per questo meno divertente, è quello di Leilani Kala'i, alias Lady Danger, interpretato da una sfavillante Tia Carrere: una cattiva da operetta con una personalità prorompente e la pistola facile. Nella creazione di questo personaggio sono state mescolate caratteristiche realmente esistenti in certo mondo 'ai margini', quel mondo che vive tra gli spettacoli di drag queen nei locali malfamati, piccoli spacciatori, truffatori, somministrazione selvaggia - e tutt'altro che medica - di ormoni e filler.
RuPaul/Ruby Red - AJ and the Queen |
In questa serie abbiamo tutto ciò che può rendere una serie divertente: bambini, drag queens, malviventi, inseguimenti, tentativi di omicidio e molto, moltissimo umorismo, spesso tinto di vero e proprio sarcasmo.
Come dicevo, è una favola che si gusta con piacere, si ride moltissimo e ci si commuove (in fatto di commozione RuPaul è una maestra...). Personalmente giudico talmente positivo che in una serie televisiva di massa le protagoniste siano due figure che nella nostra società sono considerate lontanissime - una drag queen e una bambina - e che i deuteragonisti siano in gran parte drag queen, che passo volentieri sopra i difetti per i quali la serie è stata, comprensibilmente, criticata.
Qui ci sono tossici che smettono di farsi, bambini che trovano la felicità e soprattutto drag queen che sono praticamente accettate con simpatia da (quasi) tutti: persino lo "scontro" (davvero all'acqua di rose...) tra drag queens e fondamentalisti cristiani è reso innocuo, quasi 'carino'.
Tutto ciò non nasce da una strategia commerciale, ma è da sempre la 'filosofia' di RuPaul cioè accettare ogni diversità (quindi anche i fondamentalisti?!?...) per arrivare a una concordia generale in cui ognun* possa essere ciò che desidera ed esprimere/esprimersi come meglio crede. Non è una brutta filosofia, anzi. In un tale, utopistico stato di cose probabilmente non ci sarebbero nemmeno più i fondamentalisti, non avrebbero scopo né seguito.
Izzy G. alias AJ |
Rileggendo quello che ho scritto fino a qui mi rendo conto che potrei aver fatto sembrare AJ and the Queen una brutta serie e che me la sono fatta piacere solo perché tratta di drag queen. Beh, non è esattamente così, anche se c'è del vero in questa ipotesi.
Mi spiego meglio: il fatto che "mi sia fatto piacere" - per esempio - le serie American Gods o Preacher (nonostante nel confronto coi fumetti da cui sono tratte, ci facciano una ben magra figura, ammettiamolo!) deriva dal fatto che a certe figure, characters, tipi di storie, situazioni, siamo particolarmente affezionat*, ci piacciono proprio perché c'è il mostro, il soprannaturale, dio, i superpoteri, la denuncia sociale o qualsiasi altra cosa ci piaccia.
Credo sia un po' così per chiunque, o no? E poi ci fanno sognare. E io, non ho problemi ad ammetterlo, anzi a gridarlo, sogno un mondo in cui ognun* possa vestirsi e conciarsi come accidenti vuole e amare chi vuole senza per questo essere discriminat*. AJ and the Queen mi ha dato un assaggio di quel tipo di mondo. E ora, aspettando la seconda stagione che dovrebbe arrivare nel 2021, mi sa che mi riguardo volentieri la prima.
Orlando Furioso (Febbraio 2020)
Michael-Leon Wooley (Cocoa Butter) e Matthew Wilkas (officer Patrick Kennedy) |
Note:
[1] Alcune delle serie più o meno recenti che sono riuscito a vedere in modo completo, o che sto guardando continuativamente, sono Dark, Titans, Swamp Thing, American Gods, Bojack Horseman, Sex Education, Doom Patrol, Good Omens e qualche altra, oltre a vecchissime serie che finalmente ho potuto vedere in modo completo e senza interruzioni pubblicitarie, come Mamma per Amica, Friends, La Tata (ebbene sì...), Scrubs e altre.
.[2] Cosa che invece, stranamente, non mi accade col vituperatissimo Spotify... Lo so, Spotify è il Male Assoluto, è la nemesi di chi è Veramente Appassionat* di Musica [e notoriamente io non lo sono... certo, come no!]. Certo, non nego che probabilmente non comprerò più un cd e quindi contribuirò ulteriormente alla distruzione dell'Industria Discografica ( che faceva pagare, per dire, VENTUNO EURO un album dei Can che ora mi ascolto su Spotify quando-cazzo-voglio) e ammetto che non mi viene neanche un po' da piangere per questo. Oltretutto essendo sempre io stato un poveraccio con uno stipendio medio-basso, non ho mai avuto uno stereo decente in vita mia, quindi che mi frega se la qualità della musica che ascolto non soddisfa coloro che si comprano i cavi d'oro e foderano la stanza di moquette? Per me se una musica è bella mi va bene ascoltarla anche in un vecchio mangiacassette con una cuffia scrausa.
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