martedì 6 luglio 2021

Maledetti Fumetti!, di David Hajdu

 



Maledetti Fumetti!
Come la grande paura
per i "giornaletti" cambiò
la società statunitense


David Hajdu

saggio 
454 pag.
con illustrazioni in b/n

euro 28


Tunué









“La più infima, deprecabile e pericolosa forma di spazzatura”
[John Mason Brown, cap. 5, pag. 121]



Una gran parte del pubblico adulto dei fumetti conosce, o almeno ha sentito nominare, sia il dottor Fredric Wertham che il suo libro del 1954 “La seduzione dell’innocente”.
Fu soprattutto grazie a quel testo dello psichiatra tedesco naturalizzato americano che i comics subirono un potente attacco che causò la loro quasi scomparsa dal mercato statunitense. E conseguentemente si passò dalla Golden Age - l'Età d'Oro del Fumetto - alla Silver Age.

Quello ai comics fu un attacco talmente mirato ed efficace, che i fumetti ci misero anni per tornare ad essere un fenomeno commerciale e culturale degno di nota.
La seduzione dell’innocente è uno spartiacque fondamentale per la storia dei comics, determinò per sempre un “prima” e un “dopo”, dette il via a un cambiamento epocale nel fumetto americano, e riguarda ancor oggi la sua storia, la sua percezione di massa, la sua realizzazione, la sua stessa concezione.



allegoria con in primo piano, a destra, il dott. Wertham



Questa è storia ed è storia importante, imprescindibile. Oltre che dannatamente interessante. Maledetti Fumetti! di David Hajdu è imprescindibile, visto che a tutt’oggi è l’unico saggio organico che affronta l’argomento dell’attacco “maccartista” ai comics.

Il libro comincia con la descrizione del commovente incontro tra l’autore e Janice Walleau Winkleman un’anziana pittrice che per oltre cinquant’anni non fece menzione a nessuno del suo ex lavoro da fumettista, al punto che neppure sua figlia, lettrice di comics, ne era al corrente. “Mio dio – dice – non potevo tornarmene là fuori, ero spaventata a morte. Non sa quello che ci hanno fatto?”

No, prima di leggere il libro di Hajdu non sapevamo precisamente cosa avessero fatto loro e perché non potessero tornarsene là fuori …
Ce lo spiega David Hajdu col suo straordinario lavoro di documentazione, frutto di ricerche e interviste, confronto di dati e analisi della situazione dell’epoca. Il suo lavoro benché incentrato su un argomento che più specifico non si può, risulta essere avvincente e affascinante principalmente perché tratta di situazioni – ed emozioni – che qui in Italia abbiamo sempre e solo sentito “di seconda mano”, malamente e quasi senza dati a disposizione, senza poterci soffermare a riflettere, o anche solo a dare un’occhiata, alla situazione reale così come si presentava negli Stati Uniti dal dopoguerra alla seconda metà degli Anni 50.



pagina da Crime Does Not Pay del 1957



Grazie a Maledetti Fumetti! possiamo sapere, conoscere e capire, in modo da dare alle nostre idee, sino a ieri preconcette, una base più solida sulla quale poggiare.
Non si pensi ad un’opera freddamente specialistica ed ipertecnica: niente di più lontano dal lavoro di Hajdu. Decine e decine di citazioni da interviste con importanti autori di comics (uno per tutti: Will Eisner) molti dei quali non sono più con noi, garantiscono l’ascolto della “vera voce” di chi quel periodo lo visse in prima persona.

Hajdu racconta tramite le voci dei protagonisti il processo di nascita dei comic-book, il formato che rivoluzionò l’intera concezione del racconto a fumetti; e insieme racconta il processo di lavorazione dei comic-book: in queste descizioni forse non c’è molta “poesia”, retoricamente intesa, ma ci sono invece molta fame e sudore. E ci sono anche eccitazione e senso di avventura perché la nascita di questa nuova forma espressiva, per quanto “commerciale”, dava a molti dei protagonisti, soprattutto ai più consapevoli, un’euforia che si percepisce perfettamente e gioiosamente leggendo il libro di Hajdu.

Si tratta di un momento storico in cui si stavano inventando stili, nuovi canoni, nuove concezioni del fumetto che sino ad allora era stato pensato e creato esclusivamente per le strisce sui quotidiani. Un periodo di folle creatività (e sudore, quello sempre!) forse mai più ripetutosi nella storia dei comics.



l'agghiacciante tavola finale di The Orphan, di Jack Kamen - Shock SuspenStories, 1954



Ma tutta questa eccitante, incontrollata libertà ad un certo punto finisce.
I capitoli centrali di Maledetti Fumetti! sono dedicati al racconto degli attacchi feroci che i comic-book cominciano a subire da giornalisti, educatori, figure istituzionali e religiose, critici e scrittori fin dal tempo della II Guerra Mondiale. Nonostante la maggior parte degli eroi di carta partecipi da subito alla battaglia contro la Germania nazista e l’esercito di Hitler (prima ancora del vero esercito degli USA), molte delle accuse rivolte agli eroi dei fumetti vertono proprio sul concetto di “superomismo”: “I supereroi erano falsi déi di carta: pagani e, ancora, fascisti”.

L'attacco frontale ai comic books non arriva di colpo né magicamente: già da tempo doversi scrittori, come ad esempio lo scrittore "per ragazzi" Sterling North, assegnavano alla diffusione dei fumetti la perdita di un "immaginario letterario" tradizionale da mantenere, evidentemente, per sempre. In un suo celebre articolo del 1940 intitolato "Una disgrazia per la Nazione" lo scrittore afferma, tra le altre cose che:

"[...] l'effetto di questi incubi su cartaccia porosa è quello di un violento stimolante. [...] la loro iniezione sottopelle di sesso e violenza rende il bambino insofferente per le storie migliori ma più pacate. [...] i genitori e gli insegnanti in tutta l'America devono unirsi per sconfiggere le riviste "a fumetti"." [Maledetti Fumetti!, pag. 59]


A seguito dei violenti attacchi cominciarono i roghi pubblici: montagne di fumetti bruciati pubblicamente in un rito isterico di massa che ha tristi precedenti e che oggi non viene ricordato con particolare orgoglio.
Insieme all’attacco ai supereroi venne quello, ancor più feroce, contro i fumetti sul crimine e horror, editi per la maggior parta dalla EC Comics di Bill Gaines, e su quelli d’amore e parodistico-umoristici (Mad) e la faccenda cominciò ad occupare non più solo le prime pagine di quotidiani e riviste, ma anche le aule dei consigli comunali e quelle dei tribunali.



da Maledetti Fumetti!, di David Hajdu (Tunué)



Sino ad arrivare alle interpellanze parlamentari [ne sappiamo qualcosa anche qui in Italia: i più grandicelli ricorderanno [1]], alle audizioni delle commissioni del Senato americano trasmesse in diretta alla televisione, all’autocensura (Comics Code) e alla quasi completa distruzione dell’industria del fumetto americana.

Il libro di Hajdu intende dimostrare che la censura che si abbatté sui comics nella seconda metà degli Anni 50 fu il primo fenomeno di criminalizzazione di una forma di intrattenimento di massa rivolto principalmente ai giovani, prima dell’analogo fenomeno censorio che si scatenò sul rock’n’roll. “Elvis Presley e Chuck Berry – scrive Hajdu nel Prologo - aggiunsero solo la colonna sonora a un mondo creato e messo in scena negli albi a fumetti”.

L’autore si schiera con decisione e senza tentennamenti di sorta dalla parte dei comics e dei loro autori ed editori, prima ancora che dei lettori: non ci sono per Hajdu tonalità di grigio, il torto sta tutto e solo da una parte, cioè da quella di Wertham e di coloro che criminalizzarono i fumetti.
Hajdu snocciola dati, e non solo opinioni, come ad esempio il dato che la censura fu causa della perdita di oltre mille posti di lavoro nell’industria del fumetto, mille posti di lavoro cancellati quasi di botto. Gli autori di fumetti furono vittime di un vero e proprio ostracismo addirittura a livello sociale: padri di famiglia che si vergognavano di “confessare” la propria professione ai figli e ai loro insegnanti, insultati sui mezzi pubblici, considerati criminali o quasi.

Una grossa percentuale di autori e autrici non si accostarono mai più al mondo dei comics, neppure incidentalmente e neppure se quello che svolgevano un tempo era il lavoro dei loro sogni.

Interessante che Hajdu sottolinei particolarmente la questione di classe: i fumetti oltre che essere rivolti alle classi sociali meno abbienti, erano spesso realizzati da persone appartenenti a categorie di persone oppresse, come “immigrati, donne, ebrei, italiani, latinoamericani, asiatici”.



da Maledetti Fumetti!, di David Hajdu (Tunué)



Ma la questione di classe riguarda anche Wertham: quanti appassionati italiani di fumetti sapevano che il tanto vituperato dottor Wertham fu un ardente antisegregazionista (negli Anni 40 e 50 non era affatto scontato esserlo...) e che per anni operò come volontario presso strutture gratuite per persone disabili, principalmente neri, poco abbienti? Nonostante Hajdu consideri Wertham una specie di babau, quasi il male incarnato, lo psichiatra tedesco-americano può essere visto come una specie di liberal ante litteram perché – comics a parte – non si può certo dire che le sue convinzioni politiche e sociali fossero arretrate o tantomeno reazionarie. Certamente paternalistiche, ma eravamo comunque negli Anni 50...

Ciò non toglie che la parte attaccante - i reazionari di ogni risma - pur di ottenere la loro vittoria arrivarono a servirsi di montagne di falsità, falsi documentari con attori bambini, falsi dati, creazioni di istituzioni para-fasciste per la censura, fondamentalismo religioso ecc. Alla fin fine cose non molto diverse da quelle che caratterizzano una certa America di oggi, quella dei "benpensanti", la "maggioranza silenziosa".

Così giusto per farci due risate: quanti giovani genitori farebbero leggere oggi, a cuor leggero, ai loro bambini storie a fumetti con decapitazioni, squartamenti a suon d’accetta, cadaveri putrescenti che mangiano esseri umani vivi, scuoiamenti o anche solo ammazzamenti a decine, perpetrati con colpi di pistola in faccia, quando la morte è rapida?



Crime SuspenStories del Maggio 1954: daresti a tu* figli* un fumetto del genere?...



Il Comics Code, frutto compromissorio dell'autocensura delle case editrici americane di fumetti, creato per non soccombere totalmente (non si dimentichi che i fumetti venivano continuamente attaccati non solo per ciò che veicolavano, ma per il fatto stesso di esistere, cioè di "essere fumetti", ossia intrinsecamente antieducativi, volgari, sciocchi ecc.) cambiò radicalmente non solo i fumetti, ma la concezione stessa di "fumetto": fino all'arrivo del cosiddetto fumetto underground nessuno osò più "uscire dal seminato" e, com'era prevedibile, in molte situazioni si assistette all'abbassamento della qualità degli stessi fumetti. Fu anche, certo, uno stimolo (comunque forzato) in quanto gli autori e le (poche) autrici dovettero inventarsi storie senza "situazioni proibite", e quindi per un po' di tempo le storie si fecero sciape e ripetitive. Poi la creatività in moltissimi casi vinse e si ricominciò a produrre ottimi fumetti anche sotto lo stretto controllo del Comics Code.

Per concludere: al di là delle iperboli Maledetti Fumetti! è, come si diceva all’inizio, una lettura imprescindibile per chiunque sia appassionato di fumetti, specialmente americani. Anzi, per chiunque sia appassionato di fumetti.



Orlando Furioso (Gennaio 2013)


Note:

[1] Nella prima metà degli Anni 60 il procuratore di Lodi fece sequestrare Diabolik e negli anni successivi toccò a Kriminal, Satanik e altri fumetti, chiamati "giornalini istigatori del crimine"; il deputato democristiano Agostino Greggi portò alla Camera i fumetti incriminati per chiedere un'interrogazione parlamentare dichiarando che "Diabolik fomenta la nascita di problemi sociali".
Ma non dimentichiamo che anche "l'invasione dei cartoni animati giapponesi" portò a posizioni simili, anche da parte di esponenti parlamentari che per la loro collocazione avrebbero dovuto essere meno... bigotti!