Posted: 24 Jan 2015 08:55 AM PST
Da Braccio di Ferro a Provolino
Il fumetto umoristico italiano dimenticato
di Salvatore Giordano
saggio, bross. 170 pag.
con illustrazioni b/n
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euro 15
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Questo libro è molto più importante di quanto l’autore stesso, il bravo e simpatico Salvatore Giordano immagini.
Dico questo perché una delle doti di Giordano è la sua sincera e non affettata modestia, ma soprattutto perché questo saggio è un’opera unica nel panorama fumettistico italiano e ciò la rende, semplicemente e senza enfasi, indispensabile.
Una volta tanto lo strillo in quarta di copertina non esagera affatto:
”Quello che hai tra le mani è il primo saggio a trattare in maniera capillare l’argomento.”
L’argomento di cui tratta il libro di Salvatore Giordano è infatti uno dei più colpevolmente “dimenticati” nel panorama della saggistica nazionale sui fumetti.
Meno male che, oltre al libro, Giordano ha un bellissimo blog – Retronika – il cui sottotitolo “vecchi fumetti e altre vintagerie” spiega subito le tematiche egregiamente affrontate.
Retronika ha inoltre una pagina facebook che non è il caso di lasciarsi sfuggire.
Anche se Giordano si schernisce quando glielo si dice, lui è uno dei maggiori esperti esistenti di fumetto umoristico italiano e il fatto che l’argomento trattato dal suo libro sia decisamente poco “di moda” , e dunque poco o nulla trattato dall’informazione sul fumetto, rende l’opera importantissima e, nell’economia generale del fumetto italiano in particolare, indispensabile.
Sembra una frase fatta e invece è verissimo: Da Braccio di Ferro a Provolino non dovrebbe mancare nella libreria di chiunque si occupi o abbia passione per il fumetto, per quello italiano in particolare.
Il saggio di Salvatore Giordano acquista ulteriore importanza e diventa ancor più prezioso proprio perché il fumetto umoristico italiano - d'ora in poi f.u.i. - è un patrimonio, sia detto senza intenzioni retoriche, davvero inestimabile.
E' quantomeno miope (e
mi sto sforzando di usare un linguaggio educato...) lasciarlo
lentamente scivolare nel dimenticatoio, lasciare che solo la tenacia e
la volontà di piccoli gruppi di appassionati ne tengano viva e vivace la
memoria. Piccoli gruppi di appassionati che, ahimè, non sono immortali.
Quindi?
Quindi tra trenta o quarant'anni se nessuno se
ne occuperà più - tranne sparuti gruppi di francesi, più rispettosi di
noi italiani sull’argomento in questione - il f.u.i. sarà cancellato, come non fosse mai esistito? Pessima e triste prospettiva.
Siamo
tutti dannatamente esterofili (mi ci metto io per primo, senza
vergognarmene peraltro: credo di avere i miei giustificati motivi per
esserlo), ma per una volta non si potrebbe guardare in modo propositivo a
quello che, solo per fare due esempi, gli Americani e i Francesi stanno
facendo con i loro fumetti umoristici del passato e prendere esempio?
Ristampe su ristampe, talvolta super-prestigiose, talvolta in formato economico [1], per un pubblico che mi rifiuto di credere formato solo da vecchi bacucchi nostalgici.
E
attenzione: non è detto che tutto ciò che, in campo umoristico,
ristampano Francesi e Americani sia di valore così "assoluto" eh, non
c'è bisogno che tutto sia "capolavoro!" perché sia degno di attenzione e
di piacere.
E non c'è nemmeno bisogno di pensare in termini di "orgoglio nazionale" o sciocchezze simili (specie per me che sono lontanissimo da questi tipi di ideologie): basta pensare al f.u.i. nel suo significato originale: fonte di divertimento e di piacere. Senza naturalmente escludere piccoli - o grandi - gioielli presenti in quel campo: come in ogni "genere" di fumetto, anche nel f.u.i. ci sono stati capolavori, cose molto buone, cose buone e cose così-così, come lo stesso libro di Giordano evidenzia in modo egregio.
Certo qualcosa si sta muovendo per il verso giusto, vedi l'encomiabile lavoro di Luca “Laca” Montagliani e della sua Annexia e le ristampe di Geppo di RW-Lineachiara, ma al di là di queste lodevolissime e graditissime eccezioni la situazione è tutt'altro che rosea.
Il libro di Giordano arriva dunque a soccorrerci in questa grave lacuna della saggistica “a fumetti” e personalmente spero che sia solo il primo di una serie di testi che verranno messi a disposizione del pubblico.
Da Braccio di Ferro a Provolino è strutturato come una sorta di dizionario del fumetto umoristico italiano e l’autore si concentra sul materiale edito dallo storico editore Renato Bianconi, “imprenditore del fumetto” la cui Casa editrice eponima (insieme a tutta una sotto-serie di Case editrici “satelliti”) pubblicò dal 1952 fino agli inizi degli Anni 2000 una pletora pressoché infinita di testate – umoristiche e non.
Da Soldino a Trottolino, dalla super-forzuta Nonna Abelarda a Geppo il diavolo buono, dal gatto Felix a Pinocchio, da Braccio di Ferro a Provolino, appunto.
Decine se non centinaia
di personaggi che hanno invaso le edicole per decenni, fornendo
amplissimi ventagli di letture umoristiche “per bambini”, ma godutissime
e apprezzate anche da ragazzi più grandi e persino dagli adulti [2].
Per quasi ognuno di questi personaggi c’è nel libro di Giordano una
scheda approfondita e quasi sempre corredata da illustrazioni in bianco e
nero le quali, detto tra noi, fanno venire una voglia pazza di
procurarsi qualcuno di quegli albi e stravaccarsi sul divano per
goderseli sghignazzando.
Il f.u.i. di Casa Bianconi non era fatto solo di personaggi, naturalmente, ma anche e soprattutto di autori e maestri come Sandro Dossi, Alberico Motta, Pier Luigi Sangalli e i compianti Tiberio Colantuoni, Nicola Del Principe, Umberto Manfrin, Mario Sbattella che fecero la storia del f.u.i. “extra-Disney” e che sono tutti ampiamente presenti e rappresentati nel saggio di Giordano.
Uno
dei numerosi motivi che mi fanno amare questo libro è il suo essere
inequivocabilmente schierato, in quanto l’autore rifiuta una ambigua
(quanto spesso pelosa) "oggettività" che tra l'altro avrebbe reso l'opera meno interessante e piacevole da leggere e da consultare.
Ciò non significa che il libro di Giordano
sia un concentrato di pure opinioni personali: le schede sono
significative, molto ben strutturate, ricchissime di informazioni e
prevedono sempre dei consigli finali sulle storie migliori o che più
hanno colpito l'autore.
Quando dico che il libro, o meglio l'autore, è "schierato", e s'intende che assegno a questo termine una connotazione positiva, voglio dire che Giordano
non nasconde le sue simpatie così come le sue idiosincrasie e pare
avere le idee abbastanza chiare su quali siano le responsabilità per la
scomparsa dalle edicole di quell'enorme patrimonio che era il f.u.i.
A
questo proposito voglio dire che la mia personale stima per l'autore
nonché l'immenso piacere e diletto che mi ha dato la lettura di questo
saggio, oltre ai numerosissimi stimoli e curiosità che mi ha suscitato,
tutto questo dicevo non mi impedisce di essere non completamente
d’accordo su alcune delle idee di Giordano, come ad esempio il suo considerare Disney (inteso come azienda, non come persona/ggio) o la fantomatica “invasione dei manga” come "il nemico" principale del f.u.i. di Casa Bianconi.
A mio personalissimo parere l’autore divide in modo un po' troppo manicheo la produzione disneyana da tutto il resto del f.u.i., assegnando le tifoserie in modo forse poco elastico e un po’ pregiudiziale.
Per
quello che riguarda la mia personale esperienza (che ovviamente so bene
non "fare statistica", così come non lo fa la personale esperienza di Giordano)
il pubblico dei lettori, lo sterminato pubblico dei lettori di fumetti
umoristici che affollava le edicole negli Anni 50, 60, 70 e 80 non era
ferocemente schierato in Disney da un lato e "resto del mondo (umoristico)" dall'altro.
Molto più spesso di quanto oggi si potrebbe credere, i fruitori gradivano sia i fumetti Disney che quelli Bianconi, per quanto effettivamente la filosofia e il modo stesso di concepire i fumetti fossero molto diversi tra le due “scuole di pensiero”.
A proposito di "filosofie" e di “modi di concepire i fumetti”: Salvatore Giordano
nel suo libro ci spiega perfettamente le differenze – che appunto
c'erano ed erano molto significative - tra la "filosofia" sottesa alla
produzione Disney e quella seguita dal f.u.i. Bianconi, e non-Disney in generale. Argomento, quest’ultimo, molto affrontato e dibattuto anche nel suo blog Retronika.
Questo tipo di “rivalità postuma”, diciamo così, è molto sentito non solo da Giordano, ma anche da altri appassionati di f.u.i. non-Disney, in quanto – secondo “l’accusa” - la Casa di Topolino & Co. nel corso dei decenni grazie alla maggiore potenza economica “strappò” al f.u.i.
molti autori, e quindi energie rendendo in questo modo improba la
competizione e la concorrenza. Inoltre, sempre secondo questo tipo di
(benevola, s’intende) “rivalità”, dove Bianconi & Co. proponevano storie a fantasia scatenata, politicamente scorrettissime
(si dice oggi a posteriori, naturalmente) zeppe di iper-violenza e con
uno spiccato senso dell’assurdo, del nonsense e con molti inserimenti
meta-fumettistici, Disney proponeva invece innocue storielle zuccherose e piene di buoni sentimenti, quindi del tutto scollegate dalla realtà.
“[…]Questa volta Trinchetto si comporta da vero fetente, rapisce Pisellino per 10 miserabili dollari, poi credendo l’infante morto, sbranato da un orso, tenta il suicidio” (Pisellino Rapito, di Motta – Sangalli, pag. 39 di Da Braccio di Ferro a Provolino)
Ecco nelle righe precedenti un chiarissimo esempio della differenza di “filosofia” tra una storia Bianconi e quella che non potrebbe mai essere una storia Disney. [Ed ecco QUI e QUI un paio di esempi di ciò che una storia Disney non potrebbe né vorrebbe mai offrire…]
Divertimento scatenato versus Divertimento composto, verrebbe da dire. Bisogna però anche, per onor di oggettività, ricordare le bastonate, quando non addirittura le cannonate che Zio Paperone un tempo elargiva a man basse, spesso e volentieri, al povero nipote o ad Amelia o ai Bassotti.
Comunque la differenza tra il f.m.i. Bianconi (e delle altre Case editrici che all’epoca pubblicavano fumetti umoristici per “bambini”) non è solo nella “filosofia di fondo” e questo nelle schede del libro di Giordano è reso bene e in modo ben evidente: era l’atmosfera a rendere unici (e, io credo, irripetibili) quei fumetti; un’atmosfera completamente diversa da quella Disney o delle altre pubblicazioni per bambini/ragazzi dell’epoca come potevano essere il blasonatissimo Corriere dei Piccoli / Corriere dei Ragazzi o l’altrettanto famoso (e ancora in vita) Il Giornalino, di area cattolica.
E’ proprio quest’atmosfera, difficile da descrivere ma facilissima da percepire - basta leggere una paio di storie Bianconi per entrarci immediatamente dentro – a rendere particolarmente interessante e unico quel tipo di fumetto umoristico italiano: anche quando venivano maneggiati materiali di origine straniera (il Gatto Felix, Tom e Jerry, lo stesso Braccio di Ferro…)
veniva loro insufflata una sorta di “implicita italianità” con la quale
era davvero difficile non identificarsi, nel bene e nel male.
Anche
il parco uso del colore faceva sì che gli autori lavorassero giocoforza
più sulle atmosfere che sulla resa visivo/cromatica con risultati
spesso eccellenti e inoltre il “senso del cartoonesco” era così pregnante che contribuiva a rendere speciali e così… fumettosi quei fumetti!
A mio parere sono queste caratteristiche di italianissima peculiarità e originalità, ottimamente spiegate da Giordano nel suo libro, a rendere ancor oggi così godibili e interessanti quelle storie.
A tal proposito voglio fare questo esempio personale: mentre leggo e mi godo una storia, ad esempio, di Paperino degli Anni 60 vengo immediatamente trasportato in quel particolare mondo, cioè quello Disney ed è naturalmente, per me, una sensazione molto bella e apprezzabile e che ricerco spesso; ma mentre leggo una storia Bianconi dello stesso periodo mi sento catapultato con forza
in un mondo che è anche il mio, solo centomila volte più divertente
(anche se bisogna dire che non mancano momenti di malinconia, quando non
di disperazione, in quelle storie) e gran parte del divertimento
consiste anche e proprio nel ritrovarmici, nel riconoscermi,
anche quando la cosa non mi fa onore intendo, e nel ritrovarmi quindi
quasi dentro a un folle “manuale di sociologia applicata” in cui vengono
prese in considerazione tutte le varianti della vita.
E’ una sensazione difficile da spiegare, come dicevo, ma facilissima da
provare in prima persona. Ed è anche tutto ciò che rende interessanti
ancora oggi, non solo da un punto di vista fumettistico, quei meravigliosi, folli fumetti editi da Renato Bianconi.
Oltre al loro essere divertentissimi, ovviamente.
Tutto
quello che ho confusamente descritto fino a qui è splendidamente
illustrato, integrato con un grandissimo numero di informazioni e
descritto con un linguaggio chiaro che soddisferà sia gli appassionati
che i semplici curiosi, da Salvatore Giordano nel suo volume Da Braccio di Ferro a Provolino – il fumetto umoristico italiano dimenticato
: un libro splendido e indispensabile di cui c’era davvero bisogno;
validissimo sia come testo di consultazione che come piacevolissimo
saggio da leggere e gustare, magari esclamando spesso, come dice
l’autore ad inizio volume “Madò, ma questo me lo ricordo! Lo leggevo da piccolo!” .
Buona lettura e soprattutto buon divertimento.
Orlando Furioso (Gennaio 2015)
Note:
[1] Quanto sono grato a iniziative come quelle ad esempio della Fantagraphics per i meravigliosi volumi con le complete dailies di Nancy and Sluggo [i nostri Arturo e Zoe] di Ernie Bushmiller! Volumi preziosissimi, nonostante il prezzo accessibile, che rileggo costantemente con sommo godimento!
[2] L’uso esclusivo del maschile deriva dalla mia personale convinzione che le lettrici, sia bambine che adulte, di questo tipo di fumetti fossero… pochissime, se non quasi inesistenti. E’ soltanto un mio pregiudizio o corrisponde a un dato reale?