Posted: 21 Aug 2014 02:11 PM PDT
Ultimate Comics:
New Spider-Man
nn. 10 – 14, pubblicati in Italia
da Gennaio a Giugno 2014,
bimestrale
Brian Michael Bendis, testi
Sara Pichelli, disegni nn. 10,11
David Marquez, disegni nn. 12 - 14
albi spillati con cover rigida
48 pag., colori
euro 3 cad.
(n. 11 euro 3,30 per 64 pag.)
Questa è un’autocritica pubblica.
Circa 14 anni fa arrivava in Italia l’Ultimate Universe, ossia una versione rivisitata & corretta del Marvel Universe
ad uso e consumo di lettori/lettrici più giovani di quelli abituali, o
presunti tali, e per, diciamo così, ricominciare a gestire “da zero” un
Universo narrativo un po’ ingolfato e spesso congestionato da decenni di
continuity,
di contraddizioni, di mondi paralleli, dimensioni alternative, origini
oramai datatissime e soprattutto scarti temporali apparentemente
incongruenti [1] + [2].
Quindi, per dirla in due parole, la Marvel si inventa un nuovo Universo narrativo mantenendo gli stessi personaggi, ma ambientando il tutto ai nostri giorni, situando le origini dei personaggi nella contemporaneità. Nasce così l’Ultimate Universe, nel quale il giovanissimo Peter Parker diventa sì Spider-Man, ma non in una scuola nerd dell’inizio degli Anni 60, ma qui e oggi (o meglio, nel 2000, anno di uscita del primo numero di Ultimate Spider-Man):
ciò significa che ci saranno cellulari, computer di ultima generazione,
le auto non sembreranno uscite da un museo di antichità e le persone
vestiranno come vestiamo noi. (…beh, trattandosi di americani il “vestire come noi” va inteso in un’accezione non esattamente letterale…).
Zia May, l’adorabile vecchietta che cresce Peter Parker, nell’Universo Ultimate
diventa un’ancor giovane signora moderna e avvezza alle nuove
tecnologie, che per esempio cerca su gooogle consigli su come affrontare
le problematiche adolescenziali.
Riassumo in poche righe le sciocchezze che scrivevo 13 anni fa al proposito, ma non
occorre che leggiate tutto, è scritto in stile terza-elementare e
pressoché senza argomentazioni solide:
“Hanno tradito il mio Uomo Ragno!
[non lo leggevo da anni, l’Uomo Ragno…]
Assurdo! Prendono i miei personaggi e li stravolgono! Ah ha, zio Ben con la coda di cavallo non si può vedere! Tradimento!”
[…perché invece la Donna Invisibile e Wasp hanno la stessa pettinatura degli Anni 60, no?]
E’ tutta una manovra commerciale!
[perché invece normalmente i fumetti vengono fatti per risolvere la fame nel mondo, vero?]
Tradimento! Vogliono accontentare i ragazzini!
[Orrore! le case editrici non devono attirare giovani lettori/lettrici, macché! Così quando moriremo noi Veri Credenti,
le case editrici chiuderanno perché avranno cessato lo scopo della loro
esistenza, che era appunto intrattenere noi vecchiacci brontoloni…].
Tra l’altro quest’ultimo punto viene confermato e sintetizzato perfettamente da Cristiano Grassi, editor di Panini Comics/Marvel Italia, sul n. 12 di New Ultimate Spider-Man n. 12:
“L’idea di base non era certo originale e lo scopo della sua creazione [dell’Ultimate Universe] era il classico “cerchiamo giovani lettori che non si trovino di fronte a un carico pluridecennale di continuity sulle spalle”.”
Comunque, in quel Maggio 2001 ero stizzito, semplicemente stizzito. Forse perché la Marvel non mi aveva consultato preventivamente prima di utilizzare i suoi personaggi come meglio credeva… [3]
Quanto
scritto finora non significa che ogni fumetto che non mi piacerà oggi
mi piacerà tra una tredicina d’anni, né tantomeno che tutto ciò che ha
fatto Mamma Marvel con l’Ultimate Universe sia da annoverare tra i capolavori del fumetto supereroistico.
Comunque, alla fine, anzi all’inizio, abbandonai l’Ultimate Universe
al suo destino e non me ne preoccupai più. Mantenendo però ben saldi i
miei pregiudizi, eh sì, a quelli non si rinuncia facilmente eh! [4]
Quanto
troverete scritto d’ora in avanti e fino alla fine della pagina sarà,
invece, un giudizio più che positivo ad un breve ciclo di storie dell’Ultimate Spider-Man [5] che ho appena terminato di leggere con grandissimo piacere ed emozione.
Mettete in conto anche l’entusiasmo tipico dei neo-ri-convertiti
e dei figlioli prodighi e bilanciate il tutto con un po’ di sano buon
senso (il vostro, naturalmente!). Ma m’è proprio piaciuto tanto.
Da qualche tempo nell’Ultimate Universe non è più Peter Parker a indossare il costume di Spider-Man, ma un giovanissimo ragazzo afroamericano di nome Miles Morales. Un ragazzino che vive in famiglia con mamma e papà, va a scuola, si trastulla col cellulare, ha un “migliore amico inseparabile” [che si chiama Ganke ed è adorabile: è senz’altro il mio personaggio preferito] e affronta supercriminali che soltanto a vederli da lontano farebbero letteralmente svenire dal terrore la persona più grande e grossa, corazzata e cintura nera di ju-jitsu tra noi… Ha superpoteri, certo, ma non è né un dio nordico né possiede armature supercorazzate o campi di forza impenetrabili. Questo rende le storie ancora più interessanti: come farà quel ragazzino, persino esile nella sua giovinezza, a sconfiggere quel mostruoso, mostruoso e superforte e gigantesco Venom?
A mio parere chi legge storie dell’Ultimate Universe può giocare con queste storie in molti modi, all’interno però di due, diciamo così, "macro-categorie": 1. se conosci già il Marvel Universe; 2. se non lo conosci e dunque il tuo approccio si basa unicamente sulla lettura degli albi.
Entrambe le categorie offrono spunti infiniti, come ogni storia a fumetti dovrebbe comunque fare, ma è ovvio che la prima ne offre uno in più, ossia quello di confrontare i personaggi dell'Ultimate Universe con quelli del Marvel Universe "regolare". Quest'ultima modalità di gioco, però, può anche avere risvolti negativi, proprio come successe a me - come dicevo poc'anzi - tredici anni fa, che giudicai Ultimate Spider-Man basandomi esclusivamente sul confronto col "vero" Spider-Man (concetto di base errato: entrambi sono veri; anzi di più: ogni Spider-Man creato da Marvel è vero e tanti, e tanto veri, sono gli Spider-Man "di" ogni lettrice/lettore).
Nonostante
non abbia cominciato a leggere questa nuova serie dal n. 1 non ho avuto
nessuna difficoltà di comprensione (né ho consultato wiki o altro prima di leggere): sono entrato dritto nella storia e ho continuato a leggere. Ha provveduto Brian Michael Bendis
a riassumermi la situazione infilando nei dialoghi sufficienti – e non
troppo invasivi – riferimenti atti alla comprensione del senso di ciò
che accade. Ciò non significa che ogni numero faccia storia a sé o sia
autoconclusivo, non è così in quanto i cicli – le run – si dipanano per più numeri e per goderseli al meglio è ovviamente consigliabile partire dall’inizio del ciclo.
Eppure
pur non avendo potuto cominciare dall’inizio la lettura di questa
serie, sono riuscito a gustarmi ugualmente la storia (sia quella
generale, che le storie in itinere contenute in ogni numero).
E ora un caotico – al solito... - riassuntino di questa saga.
Il primo numero dei cinque da me letti – il n. 10 - comincia con la breve run La Guerra di Venom, all’inizio della quale trovo Miles Morales direttamente alle prese con il disperato tentativo di proteggere la sua identità segreta. Nel frattempo la spregiudicata (e antipaticissima) giornalista free-lance Betty Brant crede di aver scoperto proprio l’identità segreta di questo nuovo Spider-Man e intende vendere a carissimo prezzo la notizia. Propone “l’affare” al Daily Bugle diretto, anche in questo Universo, da un baffuto James Jonah Jameson. Senza saperlo né tantomeno volerlo Betty Brant scatena forze potenti e letali che vogliono anch’esse venire a conoscenza dell’identità segreta di Spider-Man... Soprattutto uno spaventoso nemico del defunto Spider-Man è molto interessato all’identità segreta del nuovo Arrampicamuri. Ne nascerà un grosso, grossissimo guaio dal quale non tutti/e ne usciranno vivi/e.
Con la conclusione della run nel n. 11, assistiamo a un evento così drammatico che causerà a Miles Morales un indicibile dolore e la decisione di non indossare mai più i panni di Spider-Man.
Nel
numero 12 - ambientato esattamente un anno dopo la drammatica decisione
presa da Miles – ha inizio il ciclo dal significativo titolo di Spider-Man Addio.
Miles Morales ha tenuto fede alla sua promessa: non ha più indossato il costume, con gran dispiacere del suo migliore amico Ganke, che non solo non solo è a conoscenza del segreto di Miles,
ma ne è (era) anche un aiutante, seppure “di contorno” e nutre,
ricambiato, un profondissimo affetto (e ammirazione) per il giovane
Miles: devo ammettere che più d’una volta, senza alcuna malizia, ho
pensato che tra i due ci fosse del tenero.
Il “ritiro” di Miles – durato un anno nel tempo del fumetto – viene però messo in discussione da una serie di cataclismatici avvenimenti, provocati tra gli altri dalle versioni Ultimate di Cloak e Dagger, da Bombshell (ragazzina con devastanti poteri esplosivi) e da Gwen Stacy, ex fidanzata del defunto, ex Spider-Man, Peter Parker.
Neanche a dirlo, e non credo di fare alcuno spoiler dicendolo, il giovane Miles tornerà alle sue “antiche” responsabilità supereroistiche cominciando col perseguire la diabolica Roxxon, azienda marcia e corrotta, fonte della maggior parte dei problemi che affliggono il nostro eroe, e non solo. Comparsate di Zia May (scordatevi la versione “regolare”: questa è una Zia May davvero, davvero diversa!) e, ben più di una comparsata, di Spider-Woman, che non è proprio una “persona”, ma…
E ora attendo di leggere il seguito della storia...
Mal di testa?
Non è colpa della Marvel o delle storie dell’Uomo Ragno dell’Ultimate Universe, ma dei miei “problematici” riassunti, “ingabbiati” e ingessati dalla mia stessa volontà di spoilerare il meno possibile per non rovinare a nessuno il gusto di un’eventuale – e consigliatissima – lettura in proprio.
Anzi, direi che le storie di cui sto parlando difficilmente potrebbero provocare un qualche mal di testa in quanto lo scrittore Brian Michael Bendis riesce con facilità e una certa leggerezza a raccontare azione, dramma e teen-story miscelandone discretamente bene i componenti e toccando con delicatezza e sensibilità i “tasti giusti” per il coinvolgimento emotivo di chi legge. Il risultato, per quel che mi riguarda giudicando questi brevi cicli, è coinvolgente (personaggi vivi), abbastanza emozionante (action, supercalzamaglie volanti che si danno un sacco di botte), contiene anche situazioni commoventi (situazioni e dialoghi drammatici non banali e toccanti); è insomma a mio giudizio una buona “via di mezzo” tra quelle storie iper-depressive e cupe che tanto abbiamo amato (e ancora amiamo) e una certa qual “leggerezza-pop” che deve essere una caratteristica dei super-eroi.
Nei nn. 10 e 11 ai disegni troviamo Sara Pichelli,
disegnatrice eccellente che apprezzo tantissimo: trovo il suo tratto
dinamico e morbido al tempo stesso, perfettamente fumettistico in ogni
sua componente (dalle anatomie allo storytelling generale alle
caratterizzazioni) e inoltre sfugge a quegli stereotipi così abusati
quando si tratta di disegnare personaggi afro-americani e personaggi
giovanissimi. Trovo sia una maestra nel trasfondere le emozioni dei
personaggi non solo nei loro volti, per i quali ha un vero talento!, ma
in generale nelle loro posture fisiche (così è anche nella realtà:
esprimiamo il nostro essere, la nostra interiorità, soprattutto col
corpo, più ancora che col viso). Le poche figure a corredo di questo
scritto non possono assolutamente dare neppure una vaga idea della
bravura di Pichelli, quindi consiglio – cosa che farò
anch’io – di cercare altri lavori della bravissima disegnatrice
marchigiana e di seguirla con attenzione in futuro.
La bravissima Sara Pichelli col n. 12 cede le matite al collega David Marquez, disegnatore senz’altro in gamba, ma a mio opinabilissimo giudizio non paragonabile alla bravissima disegnatrice marchigiana. Come disegnatore mi dà l’impressione di tendere a una certa (eccessiva) stilizzazione mi sembra usare molto certi stereotipi grafici. Comunque, al di là del mio personalissimo gusto, Marquez se la cava più che bene e il suo grado di leggibilità resta ottimo.
Prenderò senz’altro i prossimi numeri: sono curioso di vedere se un ex-detrattore per partito preso dell’Universo Ultimate [6] riesce, invece, a diventarne un ammiratore.
Infine: serie consigliata a chi volesse cominciare a leggere una serie di supereroi anche senza avere grosse basi “storiche” e, soprattutto, senza farsi troppi problemi.
Orlando Furioso (Agosto 2014)
Note:
[1] Ad esempio: se rispettassimo, o meglio “incrociassimo” il tempo reale e quello narrativo dell’Universo Marvel “classico” (chiamato 616), l’Uomo Ragno avrebbe circa 70 anni; Reed Richards dei Fantastici Quattro ne avrebbe un’ottantina; idem per Iron Man ecc. ecc.
[2] C’è però da precisare che, Continuity o no, reboot o meno, una bella storia o un bel ciclo di storie, restano belli sempre e nessuno ce li può togliere. Questo per dire che se leggo una bella storia dei Fantastici Quattro, non sto a pensare “ah, no, non è possibile, a quest’ora Mr Fantastic dovrebbe avere 80 anni e la Donna Invisibile pure lei!”, perché se accetto senza banfare che un signore si allunghi all’inverosimile e una signora possa rendersi invisibile e circondarsi di campi di forza impenetrabili, significa che il patto di sospensione dell’incredulità tra me e la Marvel è ancora valido e funziona. E funziona pure bene, direi!
[3] Peraltro la Marvel non è nuova all’invenzione di nuovi universi narrativi: ad esempio, solo pochissimi anni prima, aveva inventato il Marvel 2099 (ambientato appunto in un ipotetico 2099) o ancora il New Universe (universo narrativo ambientato nella nostra Terra “reale”, nella quale cioè non esistono – ancora - i supereroi). Nessuno di questi universi mi aveva minimamente stizzito, anzi avevo abbastanza apprezzato, seppure la Marvel nemmeno in casi si era degnata di consultarmi preventivamente…
[4] …tranne rinunciarci o far finta di niente per gli Ultimates (la versione Ultimate dei Vendicatori) di cui invece ho comprato, letto e molto apprezzato il ciclo di storie scritto da Mark Millar… firulì firulà… *due pesi due misure* … trallallà …
[5] La wiki-pagina che linko non l’ho letta, visto che intendo procurarmi alcuni albi precedenti a quelli che ho appena letto, e non volevo rovinarmi troppo il gusto della lettura…
[6] Per non far la parte del fanatico, devo comunque dire che dell’Ultimate Spider-Man del 2000 non riuscivo proprio ad apprezzare il disegnatore: Mark Bagley, splendida persona (ci chiacchierai un minutino durante una lontana edizione di Torino Comics) che però fa parte della mia personalissima lista di disegnatori ostici. Oltre a ciò lessi, all’epoca, un paio di numeri di Ultimate X-Men e di Ultimate Fantastic Four e non mi piacquero granché…
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