venerdì 11 giugno 2021

Tu sei la donna della mia vita... di Brito - Fazenda

Posted: 17 Mar 2015 11:15 AM PDT

Brito_Fazenda_coverTu sei la donna della mia vita,
lei la donna dei miei sogni

di Pedro Brito
e Joao Fazenda


vol. brossurato con bandelle;

104 pag., b/n e rosso

15 euro

 

MalEdizioni

 

 

 


“Fumetto?
Non la sopporto quella roba! Penso sia un amalgama di due arti distinte e alla fine non ne viene fuori niente di definito.
Non è letteratura, con quel linguaggio infantile che non ti riesce mai a catturare.
E graficamente è molto inferiore alla pittura o a qualunque altra espressione grafica.
E’ così… banale. Non è né carne né pesce.”

Queste qui sopra sono le sprezzanti parole di Simao, un “artista” alla moda, vezzeggiato e coccolato dalle riviste d’arte di tendenza. E’ proprio al vernissage di una sua mostra che costui esprime le sue opinioni sul nostro medium preferito.

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Non vi fate confondere: Simao non esiste, non sto parlando della realtà, ma della storia contenuta nel volume dal lunghissimo titolo - Tu sei la donna della mia vita, lei la donna dei miei sogni – di cui sono autori i portoghesi Pedro Brito e Joao Fazenda.
Può anche darsi che per alcuni (molti?) fumetti sia valida l’affermazione così tranchant e definitiva del Simao di cui sopra. Ma per il volume di cui vado a parlare no, la “definizione” di cui sopra fortunatamente non si può applicare.

Anche se questa storia non ha nessuna velleità “metafumettistica” (e un “grazie al cielo!” posso dirlo?) il fumetto comunque c’entra, è uno dei personaggi invisibili e probabilmente è anche un pretesto da parte degli autori di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Ma con delicatezza e dignità.

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Dirò sempre al plurale “gli autori” perché dalle informazioni presenti sul volume e sul catalogo della Casa editrice, non sono riuscito a capire bene se Pedro Brito sia lo scrittore e Joao Fazenda il disegnatore o viceversa o se c’è stata tra i due, entrambi disegnatori e illustratori, un interscambio di ruoli.

Protagonista della storia è Tomàs, uno scrittore che collabora con riviste le quali, evidentemente, non gli consentono di “pagare le bollette”; quindi, con un certo entusiasmo – e senza nessuna puzza sotto il naso, anzi! – accetta di scrivere un fumetto il cui disegnatore sarà il suo amico Marvel, un tipo miope e simpatico, probabilmente un ottimo disegnatore.

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Oltre al fatto che l’ispirazione tarda ad arrivare, la vita privata di Tomàs non è esattamente in un periodo felice: la sua stronzissima fidanzata Elsa (scusate, ma quando ci vuole, ci vuole!), “artista” in cerca non tanto d’ispirazione, quanto di idee con cui colpire la Gente Giusta, quella dei vernissage e delle riviste alla moda, e il Simao di cui sopra (l’odiatore dei fumetti).
Già così Elsa non godrebbe di certo della mia simpatia, aggiungiamo il fatto che si comporta in maniera scostante (eufemisticamente parlando) e che non perde occasione per ferire Tomàs, e avremo un quadro della situazione più completo.

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La storia del fumetto, e la storia nel fumetto, proseguono su binari paralleli e finalmente, dopo diversi guai e radicali cambi di vita da parte dei personaggi, si arriverà non tanto a una conclusione, ma a un momento, a una situazione che prelude senz’altro a una lieta conclusione che si formerà nell’immaginazione di me lettore.

…che detto così vuol dire poco, me ne rendo conto, ma voi vi renderete conto che la mia totale incapacità nei riassunti, e il terrore di spoiler che rovinerebbero la lettura, mi impediscono di far di meglio. Ma, vi prego, andate a scoprire qualcosa di più QUI, in modo che sia molto più chiaro di cosa stiamo parlando.

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Spero comunque che dalle mie parole si capisca che è un fumetto che ho apprezzato moltissimo, sia per la storia, che seppure in mezzo a comportamenti stronzi e scorretti (e in certo modo disumani) sottende una dolcezza e una tenerezza che non è comunissimo trovare oggi nei fumetti, sia per i disegni che in un evocativo e simbolico bianco-nero-e-rosso riescono a rendere l’estrema dinamicità dei sentimenti presenti nella storia, che non hanno fatto alcuna fatica ad attanagliarsi al cuore di me lettore.

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Chiunque abbia disegnato – Brito, Fazenda o entrambi – ha scelto uno stile nervoso, talvolta espressionista, in certi punti con degli accenni quasi-astratti, ma incredibilmente efficace e, per quanto mi riguarda, piacevolissimo all’occhio.
Le tavole sono divise in modo irregolare e in base alle esigenze della storia e soprattutto dei sentimenti che gli autori vogliono evocare, in un mescolamento continuo tra la vita e i desideri, tra la realtà dell’ambiente e quella del proprio cuore.

 
Non vi aspettate un qualcosa di melenso: la “melensità” è lontanissima da questa storia e quando uso termini come sentimento e tenerezza (e ci aggiungo amicizia) li intendo nel modo più vero e reale possibile, mescolati cioè al dolore, alla noia, al tradimento, all’esaltazione, alla – già detto – stronzaggine e alle reazioni, non necessariamente “corrette”, ma spesso giustissime!
Anche il sesso è molto presente nella storia, il sesso in svariate sfumature non solo sentimentali e fisiche, ma anche con scopi e dinamiche variegate, dalla rabbia alla passione, dalla disperazione all’amore.

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Anche se è una storia intensa, contiene in essa una certa lievità che la fa scorrere su binari difficili da inquadrare, ma certamente lontanissimi dalla seriosità o dal crudo “realismo”. Una lievità che invece che togliere dona invece alla storia un qualcosa in più in leggibilità e immedesimazione.

Mi piacerebbe essere in grado di dirvi qualcosa d’altro sui disegni, che così tanto mi hanno affascinato, ma sapete che in materia ho le cognizioni tecniche di un macaco addormentato, e allora pazienza: guardatevi le immagini che del tutto arbitrariamente ho scelto a corredo di queste righe, sapendo però che non ho potuto inserire le intensissime splash-page o altre immagini che, a mio giudizio, avrebbero rivelato troppo della trama.
Ma una cosa ancora voglio dirla: tanto ho apprezzato i personaggi, l’espressionismo, l’astrattismo, la scelta del bianco e nero “macchiato” di rosso, la caratterizzazione e l’espressività dei sentimenti, quanto ho adorato le raffigurazioni degli oggetti e degli esterni, per me un grande ed ulteriore punto di forza e di bellezza del volume!

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Della MalEdizioni, di questa piccola, indipendente e agguerrita Casa editrice, ho già parlato volentieri  e se la tendenza è quella di continuare a pubblicare storie non troppo convenzionali di autori (e le autrici?…) portoghesi sconosciuti o quasi in Italia e di autori italiani indipendenti e interessanti come Biro e Bonetti, credo proprio che ne parlerò molte altre volte con vero piacere.

Buone letture.

 

Orlando Furioso (Marzo 2015)

 

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