Posted: 29 May 2014 02:06 PM PDT
Uno scontro accidentale
sulla strada per andare a scuola
può portare a un bacio?
di Shintaro Kago
vol. unico, brossurato
168 pag. col. e b/n
horror, splatter, comico, guro,
assurdo, scatologia, sesso
per un pubblico maturo
e ironico
euro 18,00
Hikari – 001 Edizioni
Questo è un manga per adulti?
Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare a un bacio? contiene immagini disturbanti. Che però hanno la caratteristica di fare sia orrore che ridere.
Tenete conto che Shintaro Kago per una persona italiana è già un nome che può far ridere di per sé. Lui è uno che ha fatto un manga intitolato “Il cadavere di nonna puzza” e che chiama le sue opere “merda”.
Produce anche action-figure di cadaveri.
Un’idea di che tipo sia ce la siamo fatta.
E’, però, un manga per adulti? Ho la sensazione che Uno scontro accidentale…
sia più facilmente fruibile da chi ha un senso dell’ironia
particolarmente sviluppato e un po’ selvaggio, indipendentemente
dall’età anagrafica di chi legge.
Un paio di storie mi hanno molto impressionato e mi hanno provocato un po’ di pelle d’oca per l’orrore. Il tutto però sempre mentre ridacchiavo. Non credo di essere così desensibilizzato
da non comprendere più la differenza tra orrore e risata e sono certo
di non avere (ancora) sviluppato quell’orrendo cinismo che va oggi tanto
di moda, che è anzi quasi ideologia dominante.
Quindi, insomma,
magari se avete bambin* in casa mettete il volume su uno scaffale un
po’ in alto, oppure leggetelo insieme al pargolame e ridetene
sguaiatamente.
Il mio compagno che ha letto qualche storia qui e là – il volume è composto da 46 micro-storie
– pensa che questo mangaka dal cognome ridarello sia uno psicopatico o
un fattone; io gli ho risposto che non è giusto pensare che una persona
solo perché possiede una fantasia non-proprio-convenzionale sia per
forza uno psicopatico o un fattone; lui ha ribattuto citando una mia
frase di qualche giorno fa, ossia che “probabilmente è impossibile produrre certi tipi di [splendida] musica senza essere molto drogati”.
Touchè… Però penso che la musica, a certi livelli, sia – come dire – “meno ragionata”, più connessa con l’improvvisazione,
con un lato incontrollato della mente; mentre il creare e disegnare una
(micro)storia è più in relazione con il ragionamento, la ricerca di un
particolare effetto. Non si tratta di un gesto immediato, come può
essere il suonare.
Oppure Shintaro Kago è un fattone psicopatico… d’altronde quanto poco ce ne può importare?!?
E’ originale la scelta della Hikari di portare in Italia un titolo così diverso dal solito, un autore così apparentemente
poco appetibile dal grande pubblico. Oppure ci stiamo preparando per un
cambiamento di paradigmi e la divisione, tutta occidentale per altro,
tra underground e mainstream sta per andare a farsi benedire. E a proposito di underground,
c’è poco, in questo volume, che non si sia già (intra)visto altrove:
questo sia detto non a demerito dell’autore, ma solo perché non si pensi
a una rivoluzione d’emblée, che parte da qui [1] .
Il Giappone è da sempre, specialmente dagli Anni 60 grazie alla mitica (e mitizzata) rivista Garo fondata nel 1964 da Nagai Katsuichi,
terra fertile per la sperimentazione a fumetti. Quindi ciò che a noi
può sembrare novità assoluta, in Giappone è parte integrante di una
lunga e gloriosa scuola/tradizione di mangaka che coi loro lavori, spesso disturbanti e violenti, escono dal solco del rassicurante mainstream. Non ce l’hanno solo gli americani l’underground.
Cosa abbiamo dunque in Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare a un bacio?
Ultraviolenza,
sesso, mutazioni corporali, scene splatter, orrore metafisico e molto
fisico. Tuttò questo graficamente e a una prima occhiata; mentre a
un’analisi appena meno superficiale troviamo componenti ed elementi
molto più interessanti, quali metafumetto (non certo quell’abusato e
sciatto “metafumetto de noantri” di cui preferisco non dire…)
consapevomente gestito, ossia proposto non per fare il piacione ma per
lavorare e possibilmente andare ad incidere sulle strutture più intime del fumetto e sulla nostra percezione di lettori/lettrici.
Shintaro Kago
dà l’impressione di lavorare “a nudo”, senza protezioni di sorta, di
mostrare a noi che stiamo al di qua della pagina quali sono i meccanismi
più profondi che sottostanno alla creazione del fumetto.
Oppure Shintaro Kago è un furbacchione alla moda e io ci sono cascato in pieno. Tutto è possibile. Certo è che Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare a un bacio? difficilmente può lasciare indifferenti chi, come noi lettori e lettrici mangofili italiani/e, è abbastanza a digiuno di traduzioni di opere giapponesi che escono dai canoni cui siamo (sia chiaro: piacevolmente) abituati/e. Insomma: qui siamo abbastanza al di fuori dai vari shonen, seinen, shojo, josei, BL o vari altri marchi di selezione-target.
Ma lasciando perdere le classificazioni – cosa difficile, perché classificare è più facile che ragionare e farsi venire qualche idea decente su un volume che di idee ne ha a bizzeffe, underground o mainstream che siano – cerchiamo di entrare un po’ più nel concreto di questo strano e benvenuto volume.
Dicevamo:
storie brevissime, molte delle quali formate da una sola tavola
composta da poche vignette, altre ancora formate da un unica splash-page, che
generalmente scoppia di particolari e spesso cerca di uscire dalla
pagina stessa. Tutta roba disegnata molto bene: l’autore sciorina con
nonscialanza vari stili e pare padroneggiarli tutti più che bene.
Le storie sono tutte impregnate di crudeltà e ironia,
ma al contrario di molta roba che va per la maggiore in questi periodi
così ideologicamente poveri (cinismo un tanto al chilo, violenza per la
violenza, torture-porn et similia) non sembra esserci
nell’autore una volontà di – banalmente – stupire, ma piuttosto di
divertire e sovvertire alcuni meccanismi della stessa narrazione a
fumetti.
Geniale ad esempio Mistero a Margintown, in cui l’autore lavora su uno dei più interessanti meccanismi del linguaggio fumettistico: quello della closure [2].
Vedremo quindi la storia svolgersi, letteralmente, “al di fuori” delle
vignette e l’effetto è alquanto straniante (e in qualche modo benefico!).
O come in L’Apollo non è andato sulla Luna
(forse la mia storia preferita; è anche una delle più “lunghe”), in cui
teorie del complotto si mischiano allo scorticamento dell’ultimo
“schermo” che ancora separa autore e chi legge. E la maestria in questo
caso sta nel giocare con un linguaggio facendoci credere che lo
si sta scardinando – magari insieme, in un diabolico patto
autore/lettore – mentre invece la finzione non è mai stata così…
finzione. Bisogna leggere per rendersi conto. Su binari simili si muove
anche Morte di una mangaka, storia che farà faticare non poco noi che stiamo “aldiqua” della pagina stampata…
Altre storie – ricordo nuovamente che ce ne sono QUARANTASEI (!) – giocano sul binomio carne e macchine, non certo un connubio nuovo né particolarmente originale, ma ben orchestrato da Shintaro Kago, come ne I ricordi sono più incerti di quel che si pensi. (Non sono dei gioiellini anche i titoli?…)
Altro campo congeniale al nostro è il nonsense: non saprei come altrimenti chiamare le assurdità, però molto molto comiche, di La spaventosa città delle locandine o Sportello di ascolto per i bambini di tutto il paese
(vi fanno venir gola questi titoli, vero?) nei quali pare si mescolino
un po’ a caso – un po’ no – ricordi ancestrali, idee – generalmente
crudeli e sadiche - che tutt* abbiamo avuto nella vita una volta o
l’altra.
Nonsense assoluto, oppure lo capiscono solo le persone Giapponesi, l’incredibile Il paradiso dei chonmage, nel quale giganteschi uomini nudi poggiano il loro… beh, leggetevelo un po’ da voi!
E a proposito, il sesso, quasi sempre accompagnato dalla morte, fa la loro comparsa in modo sistematico nella maggior parte delle microstorie: elemento essenziale ma naturalmente mai e poi mai visto o descritto come un qualcosa di “naturale” o di “positivo”.
Merita un cenno specifico la storia che fa anche da titolo all’intero volume, in quanto paradigmatica delle tematiche e del modo di affrontarle dell’autore: Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare a un bacio? è uno dei microracconti più lineari e comprensibili, in cui è eccezionalmente rispettata la normale sequenza temporale, spaziale e causale degli eventi; è anche uno dei racconti più comici, pur nella sua spaventosa crudeltà. In queste quattro tavole troviamo tutto ciò di cui abbiamo parlato sino ad ora e in più quello che non avevamo ancora detto, ossia la critica sociale. Una critica non ideologicamente orientata, bensì priva di qualsiasi connotazione positiva o “miglioratrice”; più che una critica forse è un mostrare senza tirarsi indietro e senza (troppo) giudicare. In diverse storie, tra le quali la title-track, è presente in modo nient’affatto velata la critica alla venerazione del denaro; ma è una critica che come dicevo poc’anzi non è fatta in modo moralista, ma anzi in maniera del tutto disincantata e, come dire, documentaristica.
E via così, passando per tavole mute, storielle con alieni, mutilazioni chirurgiche, risate, fluoroscopie, fino ad arrivare alla crudelissima e disturbante sequenza di Tubi, in cui pare che l’autore si lasci andare al puro orrore, un orrore descritto e non per questo meno assurdo.
E’ difficile per me immaginare che idea ci si possa fare del volume da queste mie righe, ma certamente non è l’idea “giusta” visto che non è semplice neppure avvicinarsi a descrivere in modo minimamente comprensibile quest’opera. Per lo meno: per me non è semplice, grazie anche al forte coinvolgimento emotivo (e, in parte, sensoriale) provocatomi da queste storie di Shintaro Kago.
Posso solo terminare facendo nuovamente i complimenti a Hikari per la scelta e posso, anzi devo, consigliare la lettura di Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare a un bacio? a chiunque si sia sentito minimamente attratto/a da quanto scritto fin qui.
Detto ciò, vi saluto.
Orlando Furioso (Maggio 2014)
Note:
[1] Possiedo da quasi vent’anni un prezioso volume americano, “Comics Underground Japan”, che mostra molto, molto più di quanto si sia mai visto qui da noi in fatto di manga autenticamente underground. Il volume viene citato QUI (in italiano; quando ho visto quest’articolo, quasi mi sono commosso…)
[2] Non sono riuscito a trovare una definizione decente di “closure”, in rete… è perché sono un incapace o perché oramai di queste cose non se ne interessa più nessun* ?… Comunque c’è sempre Understanding Comics di Scott McCloud, se si vuole approfondire. Una lettura che consiglio a chiunque ami i fumetti (di qualsiasi “genere” e nazionalità essi siano).
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