Posted: 14 Jun 2014 11:32 AM PDT
di Usamaru Furuya
tratto dal romanzo
di Osamu Dazai,
pubblicato in Italia da Feltrinelli
3 volumi, concluso
(prima edizione Giapponese: 2009)
vol. brossurati con sovraccoperta;
b/n
Euro 6,50 cad.
In
genere diffido delle opere “tratte da”. Diffido dei film tratti dai
libri, degli anime tratti dai manga (ancor di più dai manga tratti dagli
anime) dei fumetti tratti da romanzi.
E’ una scuola di pensiero
un po’ pedante che si basa su pregiudizi e che suppone che “l’originale”
sia sempre “meglio” dell’opera “derivata”.
Com’è
ovvio, sono stato smentito molte volte (e molte altre no), ma ci sono
casi – come quello di cui vado a parlare – in cui il problema non si
pone, né si porrà.
Lo Squalificato, il manga di Usamaru Furuya, tratto dal romanzo di Osamu Dazai,
mi ha talmente colpito, toccato e mi è talmente piaciuto che,
nonostante abbia già deciso di leggere presto il romanzo originale, sono
certo che non soffrirà nel confronto.
Lo Squalificato
è una forte botta allo stomaco e allo spirito; non ho ancora
completamente compreso se questa botta sia salutare e stimolante o se
favorisca la presa di coscienza dell’ineluttabilità del male.
Questo nonostante Furuya inviti chi consideri questo manga privo di speranza “a leggere il romanzo. Lì troverete – prosegue Furuya – la disperazione…”. Quella vera, sottintende.
Il romanzo originale scritto da Osamu Dazai fu pubblicato nel 1948, pochi mesi prima del suicidio dell’autore.
Il racconto – che è ambientato nel nostro tempo - è inserito in una cornice realistica: il mangaka Usamaru Furuya cercando ispirazione per una storia si imbatte casualmente nel “diario” di Yozo Ooba. La lettura del “diario” lo disgusta e lo affascina al tempo stesso, al punto che decide di trarne un manga. Che è quello stesso che noi lettori/lettrici stiamo leggendo… In realtà l’intersezione tra racconto di finzione e “realtà” è più complesso e sottile: qualcuno parlerebbe di “metafumetto”, ma non so se sia corretto usare quel termine in questo caso.
La
disperazione comunque la troviamo anche in ognuno di questi tre
sconvolgenti volumi a fumetti. Come in un “romanzo di formazione” al contrario:
la destrutturazione procede inesorabile pagina dopo pagina, capitolo
dopo capitolo, sebbene temuta e combattuta fin dall’infanzia da uno Yozo
– il protagonista - terrorizzato, ma deciso a non mostrare mai gli
abissi che si spalancano minacciosi dalle profondità della sua anima.
Yozo, scende giorno dopo giorno in un baratro sempre più oscuro e privo di speranza. Mi rendo conto che tutto ciò possa suonare banale
e già sentito infinite volte, ma alla luce della lettura del manga –
sola condizione per entrare pienamente nel devastante mondo di Yozo – garantisco che quanto detto assumerà certamente un significato molto più profondo.
Yozo
è stato dotato dalla natura di un aspetto molto bello che,
indipendentemente da quelle che possono essere le sue reali intenzioni,
affascina e intenerisce le donne. Non è malvagio. E’ il terrore a farlo
agire come agisce. Le sue colpe, da cui tutto il resto deriva, sono il
terrore e la conseguente debolezza.
In certi punti del manga si potrebbe pensare alla cronaca, spietata e impietosa, di una depressione…
ma non è così: il male di Yozo non è una momentanea interruzione nella
comunicazione con “l’esterno”; la causa del malessere che permea la sua
esistenza non può essere rimossa e non è temporanea, quasi derivasse da
potenze sovrannaturali e crudeli.
Mentre leggiamo la vita di Yozo e delle persone che hanno a che fare con lui, che vengono sempre – com’è ovvio che sia – contaminate e devastate dalla sua vicinanza, non siamo commossi né “dispiaciuti” nel senso normale del termine, no: siamo semplicemente atterriti/e e ben felici di essere altro da lui.
Nel corso della sua storia Yozo viene coinvolto in varie vicissitudini, alcune comuni altre decisamente meno, che vanno per esempio dal sesso all’alcool al contatto con gruppi terroristici alla frequentazione di bordelli, ma non è mai chiaro quanto tutto avvenga “suo malgrado” e quanto per scelta cosciente e questo ravviva la curiosità e l’interesse di chi legge; arriva anche a vivere momenti di situazioni che si avvicinano alla “normalità”, ma tutto è sempre avvolto da una densa nube di fatale e cupo destino che sembra proprio non prevedere salvezza alcuna.
Le persone che lo avvicinano, la maggior parte di coloro che hanno a che fare con Yozo, soprattutto le donne, è come se si aprissero completamente a lui restando senza difese. Altri invece lo combattono e godono delle sue sconfitte. Il male, che non a caso scrivo sempre con l’iniziale minuscola, permea il mondo di Yozo esattamente così come permea il nostro. Forse il mondo descritto e rappresentato ne Lo Squalificato non è altri che quello che possiamo vedere guardando fuori dalla finestra.
L’autore del manga, Usamaru Furuya, è davvero molto bravo nel coinvolgere il pubblico, nell’avvolgerlo in una spirale sempre più densa, cupa e malsana in cui violenza e disperazione si alternano a momenti – illusori – di “quasi-felicità”, che non faranno che rendere ancora più dolorosa l’inevitabile caduta.
Non
so dire, non ancora per lo meno, se la costruzione dei personaggi del
manga, che sono molti e molto vari, ricalchi quella degli originali del
romanzo del 1948, ma intuisco che Furuya non ha effettuato una semplice
“riduzione a fumetti” del romanzo di Dazai.
Non conosco le opere
precedenti di Usamaru Furuya, ma quello che emerge dalla mia soggettiva
lettura del manga è un’estrema facilità dell’autore a far recitare i
personaggi in modo credibilissimo, emotivamente forte e, come già detto,
coinvolgente. Credo sia molto difficile – se non impossibile -restare indifferenti
alla lettura di quest’opera. Non so se all’interno della storia vi
siano minime componenti autobiografiche del mangaka che possano averlo
facilitato nella scrittura, o nella trasposizione, ma non mi sentirei di
escluderlo a priori. Anche se in realtà la cosa non ha alcuna
importanza perché come lettore mi concentro sull’opera e sull’effetto
che produce in me: è l’opera che parla e ciò che dice è perfettamente
sufficiente e bastante a se stessa.
I tre volumi si eguagliano per bellezza e coinvolgimento, anche se personalmente ho forse una preferenza per la crudezza del secondo volume, a mio parere il più “realistico” e il più lucido. Oltre al fatto di provare un’enorme simpatia umana per la barista di mezz’età che gestisce la bettola in cui Yozo lavorerà per un po’: personaggio, quello della barista, che mi sarebbe piaciuto molto vedere maggiormente sviluppato. Credo di preferire il secondo volume anche per una sorta di mia personale auto-protezione: perché è proprio in questo volume che sembrerebbero porsi le basi per una risoluzione almeno minimamente positiva dell’angoscia e del terrore fin qui vissuto da Yozo. E’ in questo secondo volume che Yozo comincia un’attività di onesto lavoro che sembra, per qualche momento, dargli un barlume di conforto e persino di piacere. Fino a che…
I
disegni di Furuya sono tecnicamente ineccepibili, curatissimi e molto
espressivi, come si può vedere dalle immagini a corredo di questo
scritto che ho scannerizzato personalmente dai tre volumi: l’estrema
bellezza di alcuni dei personaggi è evidenziata con vera maestria, certi
volti sono uno spettacolo da guardare incantati/e; altrettanto succede
per la bruttezza e lo squallore, descritti graficamente senza filtri e
che risultano non meno affascinanti dei lati “belli” di cose e persone.
Le tavole del manga sono fitte di vignette – lo stesso dicasi di
dialoghi e pensieri, che si alternano con le frasi del “diario” del
protagonista - e tutto questo rende la lettura particolarmente
coinvolgente soprattutto dal punto di vista emotivo.
L’autore riesce a passare con disinvoltura da una sorta di realismo (sempre mediato da alcune, apprezzabilissime, stereotipie) a descrizioni al limite dell’horror e decisamente inquietanti non per quello che mostrano, ma per ciò che fanno immaginare.
Come si può capire da quanto scritto sin qui, Lo Squalificato
è un manga adulto, che tocca temi tutt’altro che leggeri e che non
provoca allegre evasioni, ma potenti riflessioni e un certo disagio
esistenziale, specialmente se si ha dentro di sé qualche malinconia che
preme per uscire.
Perché leggerlo allora?
Perché, banalmente, è un manga bellissimo.
Perché
è una storia che non si dimenticherà facilmente, perché possiede un
incredibile fascino morboso che non va negato, perché è una storia romantica, non nell’usuale senso che diamo ormai a questo abusato termine, ma romantica in un senso antico di Sturm und Drang,
in cui energie opposte combattono per la sopravvivenza o meno degli
esseri umani, perché sicuramente arricchisce chi la legge e fa (molto)
riflettere: tutte cose estremamente positive che più vengono stimolate e
meglio è. Ma potrebbe bastare anche “solo” il fatto che si tratta di un
manga stupendo e magnificamente costruito.
Buona lettura.
Orlando Furioso (Giugno 2014)
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