Posted: 08 Jan 2015 10:08 AM PST
di Elena de’ Grimani
vol. brossurato con sovracoperta
144 pag. b/n
euro 9,90
.
“Elena scrive e disegna in modo straordinario, meriterebbe di essere apprezzata in tutto il mondo.” (Lillo [Pasquale Petrolo], dall’introduzione a Rigel – Anedonìa)
Rigel è tornata!
Nella prima pagina del volume autoconclusivo Rigel – Anedonìa la sua autrice Elena de’ Grimani ci regala una cosa importante e preziosa, che non ci era dovuta. Ma lei, Elena, è fatta così, un po’ come Rigel: si mette in gioco, rischia, cade, si rialza, cambia senza tradirsi né tradire.
In
quel regalo che è l’introduzione c’è la chiave di lettura, o meglio una
delle chiavi della sua scrittura; c’è una traccia, intensa e certo non
indolore, che noi che leggiamo possiamo scegliere se seguire o meno.
Ma la vera chiave di lettura è quella personale di ognun* di noi: da chi leggerà e conoscerà Rigel per la prima volta (e ne resterà incantat*, sono pronto a scommetterci) a chi ne è fan da anni e attendeva con ansia che la vampira tornasse con una nuova storia.
Non ho grassettato a caso la parola qui sopra: “vampira”. E’ questo ciò che è Rigel. Mai però una di quelle creature sbrilluccicose e imbottite di una finta, e risibile, “drammaticità”. Rigel è sempre stata molto lontana dalla raffigurazione di un luogo comune. La sua autrice non segue le mode. Casomai le crea.
Dicevo che è questo ciò che è Rigel, una vampira… …ma Anedonìa [1] non è solo una storia di vampiri: è una profonda riflessione sul buio come elemento prevalente e permeante e sembra cambiare e mettere discussione un po’ di concetti fondamentali, tra i quali proprio “una” e “vampira”.
Dunque Rigel è tornata. E’ cambiata? Sì. No.
Elena de’ Grimani è cambiata? Io sono cambiato? Tu che stai leggendo sei cambiata/o? La risposta, anzi le due risposte, sono le medesime per chiunque, Rigel compresa.
Sto affermando che la lettura di Anedonìa non è lineare né tantomeno semplice?
Sì, è il mio piccolo, impacciato, ma sincero modo di ringraziare Elena de’ Grimani per aver scritto questo splendido volume che mi ha artigliato il cuore, tra lei e Rigel me l’hanno anzi fatto sanguinare: leggere Anedonìa mi ha commosso fino alle lacrime. E difficilmente tutto ciò può accadere con una storia semplice e lineare.
Come spesso accade in una delle tante realtà che ci si trova a dover vivere (talvolta nostro malgrado), Rigel sta vivendo più vite e la sua coscienza – circondata da una bianca ondata di neve, una neve che ha più di una profonda, drammatica valenza simbolica – ne è scossa fin dalle sue stesse fondamenta. Sì, è pur sempre una vampira con tutte le contraddizioni che l’essere immortale e costantemente bisognosa di bere sangue umano comporta. Anzi, persino nel suo mondo Rigel è sempre stata una vampira del tutto speciale con poteri (e una storia) particolari e unici.
Contraddizioni? L’ho detto poco sopra che Rigel
non è un luogo comune. Gli altri e le altre cacciano, bevono, dormono,
stanno lontano dal sole, strillano quando vedono una croce.
Non è molto comune per i comuni vampiri ritrovarsi a “vivere” vite distinte e apparentemente inconciliabili tra loro, vite più reali di un paesaggio ghiacciato e/o più meta-fisiche di un… fumetto disegnato! Per certe vite i sogni sono reali e terribili tanto quanto lo stato di veglia.
La propria rinascita fa sempre qualche vittima. A maggior ragione la rinascita di una vampira. Solo che in Anedonìa le vittime sono meno scontate di quanto si potrebbe immaginare.
Le vittime di un mondo morto sono per questo meno vittime? Che c’è di male a morire se si è già morti…
Al
di là delle tentazioni retoriche, che costano poco e tanto plauso
raccolgono, vita e morte non sono due lati di una stessa medaglia; sono
anzi opposti e inconciliabili; persino per una vampira.
Una vampira che non sa più chi è e vive in uno stato di anedonìa così forte che è disposta a sperimentare sofferenza estrema pur di sentire qualcosa, pur di sentire di nuovo.
Lily e Vuk – sì: non pensavate mica che Rigel
fosse l’unico personaggio del volume vero? – ognuno/a a suo modo,
ognuno/a per come può, ognuno/a per il destino che sente di portare
addosso, sarà “vicino” a Rigel. D’altronde, come vedrete, neppure Lily e Vuk sono esattamente ciò che sembrano…
Sì,
certo che ci sono altri e altre a recitare in questo volume, persone – e
non-persone – che rendono la lettura una sorta di cerchio ipnotico, che
segnano nella mente di chi legge dubbi, sorprese, e infine veri e
propri colpi di scena.
Perché
non pensavate mica che tutti questi miei panegirici zeppi di aggettivi
si riferissero a un fumetto iper-cerebrale in cui ci si contempla
l’ombelico e al di fuori di esso non accade nulla, vero?
Rigel è una presenza, invece, così concreta e piena di cose, che stupisce a ogni girar di pagina; Anedonìa è una storia in cui accadono molte cose,
nessuna delle quali trascurabile, nessuna messa lì a caso o per fare
numero. Come dicevo poco fa, qui si rischia, si cade, ci si rialza, ci
si mette in gioco, si muore e si rinasce, si cambia, si seminano indizi e
basi per il futuro. E sia detto en passant, Anedonìa ha un finale da brivido, sconvolgente e non per mero modo di dire.
Se si è fortunati come lo sono stato io, può capitare di commuoversi fino alle lacrime e di sognare Rigel la notte stessa…
(Sapete
che non rovino il piacere della vostra lettura con trame e riassunti;
sapete anche che tanto non sarei in grado di farne: a scuola, mille anni
fa, ero pessimo nei riassunti. Per dire. Inoltre non sarebbe facile riassumere il plot di Anedonìa.)
Anche chi è già fan accanito di Rigel non potrà che ritrovarsi – piacevolmente/dolorosamente - spiazzato/a da questa storia, che non rinnega nulla del passato, ma semmai, appunto, pone delle fondamenta per storie future, le storie che spero ardentemente arriveranno presto.
Tutto quanto detto finora è disegnato con lo stile incantevole, e la tecnica sopraffina, di Elena de’ Grimani, stile e tecnica in continua e costante evoluzione (che è, in questo caso, sinonimo di miglioramento)
sempre più personali e sempre meno riconducibili a eventuali “debiti
d’autore” già ampiamente pagati – e superati – dall’autrice.
Ammiro tantissimo la grande raffinatezza del suo segno che resta comunque sempre leggibile; raffinatezza e anche potenza al servizio di uno storytelling
fluido, ma impetuoso quando è il caso, efficace sempre, con una
costruzione della tavola e delle sequenze sempre bilanciata.
Riassumendo: amo tantissimo i disegni di Elena de’ Grimani e consiglio col cuore la lettura di Rigel – Anedonìa
a chiunque, ma innanzitutto a tutte le persone - meravigliose, voi
sapete chi siete - con cui “parlo” quasi quotidianamente di fumetto.
Credo che Anedonìa abbia caratteristiche
tali da poter piacere ed essere molto apprezzato anche da chi non ha mai
avuto contatti con questo tipo di fumetto… e il fatto che, anche
pensandoci su non mi viene in mente quale possa essere la
classificazione per “questo tipo di fumetto”, la reputo una cosa estremamente positiva.
Non sono un fan della “originalità a tutti i costi”, ma non saprei dire a “cosa somiglia” questa storia. Anche questo vuole essere un complimento.
Non appena terminata la lettura di Anedonìa
ho avuto un enorme desiderio di parlarne pubblicamente (qui sul blog,
alle persone che conosco…) proprio perché la
lettura non è stata indolore e perché mi ha riempito di sensazioni
profonde che faccio fatica a tenere per me… Però mi sono subito chiesto
se sarei stato in grado di scrivere qualcosa di sensato e non una delle mie solite inutili tiritere a base di “stupendo!”, “fantastico!”, “meraviglioso!”.
Sarebbe
facile per me – ne sono specializzato! – autoflagellarmi in uno dei
miei soliti e noiosi attacchi di scarsa autostima scusandomi, con Elena innanzitutto, per non essere riuscito a dire nulla di sensato su Rigel – Anedonìa.
Beh, questa volta non lo farò perché, a differenza di molte mie
sequenze di parole che compaiono su questo blog, ciò che ho scritto sin
qui ha senso, ha un profondo senso per me. Spero che chi leggerà Anedonìa potrà capire, anche se spero che nessuno e nessuna si trovi mai, o mai più, in un mondo coperto di neve.
“Si rinasce urlando”
Orlando Furioso (Gennaio 2015)
Note:
[1] “incapacità di provare piacere…”
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