giovedì 10 giugno 2021

Fighting American, di Joe Simon e Jack Kirby

 Posted: 17 Jan 2015 12:10 AM PST

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Fighting American

di Joe Simon
e
Jack Kirby

recupero disegni e nuovi colori di Harry Mendryk


vol. cartonato, colore, 200 pag.


euro 20

Bao Publishing

 



Fighting American è un supereroe creato dalla penna di Joe Simon e dalle matite di Jack Kirby nel 1954 e pubblicato originariamente negli Stati Uniti da Crestwood Publications.

Questo lussuoso, e tutto sommato economico, volume della Bao ne pubblica l’intera produzione, per un totale di sette numeri usciti negli Stati Uniti tra il 1954 e il 1955, un numero uscito nel 1966 e due storie inedite.

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Come dice Joe Simon nell’introduzione da lui scritta nel 2011, solo due mesi prima di morire:

”Il volume che tenete tra le mani contiene tutte le storie di Fighting American che abbiamo prodotto […] Qui avete la collezione completa”

Il plot di base di Fighting American è sfacciatamente simile a quello del ben più noto Capitan America, creato nel 1941 – tredici anni prima di Fighting - dai medesimi autori: anche qui un mingherlino, ma patriottico cittadino americano, accetta di sottoporsi a un esperimento per cambiare definitivamente il suo debole corpo che sarà trasformato da scienziati del Governo in una macchina da combattimento.

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La “mente”, l’essenza vitale del patriottico e mingherlino Nelson Flagg viene “inserita” nel robustissimo, agilissimo, potenziato corpo del suo stesso fratello Johnny Flagg giornalista e “mezzobusto televisivo” noto per il suo entusiasmo nel difendere l’American Way of Life, “ucciso” da agenti comunisti infiltratisi negli Stati Uniti:

“Non abbia paura… E’ semplicemente scienza, non magia nera! Vogliamo che lei abbia quel corpo! Vogliamo che lei sia suo fratello! Ciò significherà la fine dell’uomo che lei è oggi!”

E’ quindi sotto i panni di un redivivo, temerario e potenziato  giornalista Johnny Flagg (miracolosamente “risorto”…) che l’America acquista il suo nuovo eroe pronto a rischiare la sua stessa vita per difendere i valori della democrazia, della libertà e del “sogno americano”, che cominciano le avventure di Fighting American – e del suo sodale Speedboy -  durate sette numeri e in questo volume integralmente raccolte.

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Mentre per Capitan America, creato in tempo di guerra (Seconda Guerra mondiale) i cattivi erano principalmente i nazisti e i Giapponesi, in questi tempi post-bellici il nemico sono invece i “Rossi”, i comunisti, infiltratisi ovunque e decisi a spazzare via con la violenza, l’inganno e l’omicidio la libertà, la felicità e il Sogno Americano.

Come nella più semplice e abusata dicotomia, i cattivi, i comunisti, sono i mostri, sia moralmente che fisicamente: questa caratteristica del nemico mostruoso, deforme, brutto oltre ogni limite verrà mantenuta da Kirby quando qualche anno dopo lavorando con Stan Lee darà vita all’era della Marvel Comics.

Buono/Eroe = bello; malvagio/villain = brutto.
Questa la semplice, leggibilissima dicotomia che presuppone una chiara e semplice operazione di immediato riconoscimento dei Buoni e dei Cattivi.

Uniche, parziali eccezioni saranno La Cosa dei Fantastici Quattro, per il quale la bruttezza costituirà certamente un ostacolo per la vita del roccioso eroe, ma sarà parimenti un elemento di ricchezza psicologica che darà la base per la costruzione di storie memorabili e intense come la mitica “Questo Uomo, Questo Mostro!” (S. Lee, J. Kirby, J. Sinnott, su Fantastic Four n. 51 del 1966; in Italia per la prima volta su I Fantastici Quattro n. 47 del 9 Gennaio 1973) [1] o Hulk, per il quale il confine Bene/Male sarà sempre sfumato, e ambiguo, oppure la Bestia degli X-Men.

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Ma al di là di poche eccezioni, nel suo lavoro per la Marvel così come per la DC, per Jack Kirby il Bene ha sempre coinciso con la rappresentazione del “Bello” e il Male è sempre stato mostruoso,  ripugnante, deforme, come se le caratteristiche morali avessero superato il confine psicologico per plasmare somaticamente i corpi [2].
Verrebbe da pensare che potrebbe essere anche il contrario, ossia che un corpo deforme non possa far altro che abbracciare il Male per “vendicarsi” della sfortuna toccatagli in sorte (gli esempi sono numerosi: dall’Uomo Talpa a Due Facce al Dottor Destino… anche se in realtà per quest’ultimo la deformità è stata più una scelta, un ulteriore modo, quasi mistico, per distinguersi dal volgo, dalla massa…).

Comunque, senza scomodare Cesare Lombroso, questa particolare “fisiognomica a fumetti” non è un invenzione del Re, bensì il proseguimento di una tradizione forse inaugurata da Dick Tracy, il detective creato da Chester Gould nel 1931 (e da allora pubblicato senza soluzione di continuità negli Stati Uniti): mentre il detective dall’impermeabile giallo è bello e aitante, con tanto di mascella volitiva, i villains sono invece caratterizzati da spiccate deformità che danno loro il nome. Abbiamo così Testapiatta, Facciadiprugna e tutta una serie di criminali malvagi e deformi orribili a vedersi.

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Bisogna dire però che i nomi dei villains presenti in Fighting American sono decisamente più spiritosi: come potrei rinunciare a leggere un’avventura in cui i cattivoni si chiamano Poison Ivan, Hotsky Trotsky, Invisible Irving o Space-Face!?

Certo come nome, e anche come assurdità della storia, nessuno batte Super-Khakalovitch, il supereroe comunista (“Hero of the People”) che possiede il superpotere più devastante: quello della puzza! La sua stirpe non fa un bagno da oltre tremila anni, ed ecco perché Super-Khakalovitch ha acquisito il suo – apparentemente – invincibile superpotere: nessuno, neppure Fighting American e il suo pard Speedboy, possono stargli vicino senza un’adeguata maschera antigas!

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A parte il nonsense più azzardato, una delle storie più emblematiche, vero e proprio statement degli autori (o di chi commissionava loro le storie), è la breve, impagabile Lettera dal paradiso, lunga solo due tavole: in essa un ragazzino che vive al di là della “Cortina di Ferro” scrive una lettera a Speedboy, il giovanissimo sidekick di Fighting American. E’ una lettera apparentemente piena di insulti, nella quale il ragazzino, che ovviamente si chiama Vladimir (e come poteva chiamarsi altrimenti?!?) descrive quanto inutili e frivoli siano i “privilegi” vissuti dai suoi coetanei americani e quanto invece sia solida la realtà collettiva al di là della “Cortina di Ferro”. La particolarità della storia, che la rende un capolavoro di umorismo (nero), è la differenza tra le parole scritte da Vladimir e la descrizione grafica che vignetta dopo vignetta viene spietatamente – e ironicamente - esposta al lettore [3]. E’ certo una storia che oggi risulta faziosissima, “politicamente scorretta”, imperialistica ecc. ecc. Tutto giusto, ma questa storia è soprattutto un piccolo, corrosivo gioiellino umoristico ed è lo specchio di come una parte dei “combattenti” vedesse e vivesse la Guerra Fredda.

“Quindi vai in malora Speedboy… Tu e quel babbeo con i mutandoni che chiamano Fighting American! Vorrei dirti di più, in faccia, ma scommetto che non hai il fegato di venire al 3160 di via Falce e Martello vicino a piazza Miserlou nel villaggio di Paskutzva… (bussa due volte e chiedi di Vladimir)”

… ed è ovvio che Speedboy e il “babbeo in mutandoni” andranno a liberare Vladimir e la sua famiglia dall’oppressione comunista, trasferendoli in America e facendo loro assaporare il sapore della libertà. Un breve e divertentissimo saggio di “psicologia inversa” quasi commovente in quella sua fanatica integrità morale e fumettistica. Assolutamente da leggere.

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Un’altra caratteristica delle storie di Fighting American è il loro essere talmente “eccessive” in quel rozzo manicheismo di cui sono permeate, da diventare spesso ultra-reazionarie, spacciando triti luoghi comuni come fossero Verità divine (“I vagabondi non cambiano: a loro piace essere come sono!”Z Food, FA n. 3 dell’agosto 1954); ma è proprio quell’essere ottusamente reazionarie a renderle comicamente irresistibili, divertenti e leggendole sortiscono quasi l’effetto contrario, come a dire: “Ma dài, Jack e Joe non potevano dire sul serio!”.
O forse erano serissimi, ma sta di fatto che ad un certo punto le storie di Fighting American e del suo giovane partner Speedboy cominciano a prendere una piega assurda, tra il fantascientifico e il nonsense… Le battute (anche le battutacce grevi, talvolta) si sprecano  e non c’è quasi tavola che non contenga almeno un paio di gustosissime assurdità, sia a livello di storia che puramente grafiche:

“L’Invisibile Irving… e la sua cella… S-sono scomparsi nel nulla!
”Perché gli avete lasciato leggere quelle riviste di viaggi?”

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Inside jokes, citazioni da altri famosi comics dell’epoca e una fantasia scatenata che miscela azione pura, ideologia e ironia – quando non addirittura caustico sarcasmo – oltre a tutto quanto detto finora, fanno di Fighting American un fumetto imperdibile per chi è già appassionato di “cose kirbyane”.

E chi non è appassionato/a di “cose kirbyane” perché dovrebbe leggere questo volume, pieno di storie datate, contenenti concezioni e ideologie lontane dalla nostra realtà?
Beh… perché sono storie di Joe Simon e Jack Kirby, piene di azione al fulmicotone e di disegni che ti saltano letteralmente addosso, con colori che più pop non si può e un gran mestiere nella sceneggiatura e nella costruzione della storia che dettò legge per lustri, senza un solo “buco di sceneggiatura”; storie che scivolano golosamente l’una dopo l’altra e procurano un divertimento raffinato, per intenditori e intenditrici; come si suol dire: una festa per gli occhi!

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E’ e sarà sempre una gioia perdersi negli stupendi disegni di Jack “The King” Kirby, seppure talvolta un po’ “frettolosi”, ma non di meno sempre epici, dinamici, efficaci, spettacolari, con inquadrature sempre nuove ed ardite.
La cifra stilistica di Kirby e di Simon resta riconoscibile sempre, anche nei lavori cosiddetti “minori” o semplicemente meno conosciuti al di fuori degli Stati Uniti.

Una nota merita la vivacissima e divertente traduzione di Francesco Vanagolli: credo che non sia stato semplice riprodurre nel nostro idioma un vecchio fumetto pieno di slang, frasi idiomatiche passate di moda da decenni, scherzi verbali e filastrocche dimenticate. Francesco è riuscito a far calare chi legge nell’atmosfera dell’epoca e questo è indice di un lavoro accurato svolto, oltre che da un esperto, da un vero appassionato.

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JackThe King” Kirby e Joe Simon restano e saranno sempre dei Miti nella storia del Fumetto mondiale; è dunque molto meritorio il lavoro delle Case editrici come la Bao che indipendentemente da mode o “periodi” propongono opere, forse “di nicchia”, che meritano comunque di essere diffuse e conosciute e di stare nelle librerie degli appassionati accanto alle opere più note e blasonate.

Orlando Furioso (Gennaio 2015)

Note:

[1] Una storia che, ancora oggi, mi commuove fino alle lacrime…

[2] Il fenomeno è esplicitato nella maniera più chiara e inequivocabile nella saga kirbyana del Quarto Mondo: i Nuovi Dei, cioè le stesse divinità, sottostanno a questa dicotomia di buono/bello, cattivo/brutto.

[3] Chissà perché, ma dubito che Fighting American avesse un gran numero di lettrici… ma magari sbaglio, eh.

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