Posted: 05 Oct 2014 01:44 PM PDT
Zero e Uno Emilia
di Biro
vol. brossurato
grande formato 29x21 con bandelle
32 pag., colori
euro 12
Forse vi ricorderete che proprio un anno fa su queste stesse pagine vi parlavo della Casa editrice MalEdizioni, in termini abbastanza entusiastici.
Ebbene con queste due uscite della Casa editrice bresciana l’entusiasmo è ulteriormente aumentato. Parecchio, anche.
Ho scelto di parlare nella stessa pagina di Zero e Uno e di Emilia non perché questi due fumetti [1] o i loro autori debbano avere necessariamente qualcosa in comune, ma solo perché entrambi sono pubblicati dalla MalEdizioni, perché li ho letti a brevissima distanza l’uno dall’altro e perché entrambi mi sono piaciuti moltissimo.
Zero e Uno
“Una
fiaba nera e malinconica sull’emarginazione, l’amore mterno e il
conformismo, che ci pone la domanda: fin dove siamo disposti a spingerci
per farci accettare dagli altri?”
(Dalla quarta di copertina di Zero e Uno)
Lanciata la proverbiale moneta, comincio a parlarvi di Zero e Uno, opera di Biro, bresciano classe 1974 e con un curriculum extra-fumettistico decisamente notevole.
Infatti la caratteristica che mi ha più colpito in questo volume di grande formato è la straordinaria perizia tecnica di Biro,
le cui vignette pare escano fuori per venire incontro ai nostri occhi.
Il taglio tridimensionale dei disegni, la scelta di inquadrature
inusuali e di prospettive da vertigine (letteralmente da vertigine
sono la quarta e la quinta tavola della storia!) fanno capire che si
tratta di un lavoro in cui nulla è lasciato al caso, profondamente
meditato e voluto. La resa grafica infatti è perfetta e sfogliare il
volume diventa una gioia per gli occhi. A cominciare da una copertina in
cui si fondono disegno fumettistico e grafica, design; una copertina in
cui non solo vengono presentati i principali attori della commedia nera che ci aspetta, ma che – riguardata a fine lettura del volume – dice molto più di quanto non sembri…
Lo stile di Zero e Uno è in un certo senso spiazzante, in quanto l’autore mescola in modo sapiente iperrealismo e personaggi rappresentati in modo cartoonesco: non voglio dire che questo tipo di commistione sia nuova o particolarmente originale, ma il modo in cui Biro abbina ad ogni personaggio una spiccata dualità, rende Zero e Uno un’opera, e una lettura, particolarmente intensa. Mi hanno inoltre colpito molto le ombre, curate da Biro con molta attenzione: esse sono parti importanti della storia e contribuiscono in modo determinante all’atmosfera nera e duale della storia.
Dualità è per me una delle principali chiavi di lettura di questa storia così intensa, che vede coinvolti un bimbo, Geremia, la sua mamma, un inatteso trasferimento, una scuola nuova e dei nuovi compagni e insegnanti e un “dolcissimo cagnolino” che Geremia chiamerà Uno.
Dualità, perché in questa fiaba nera e malinconica nulla è (solo) ciò che sembra, ogni cosa, ogni persona(ggio) nasconde un’ombra che solo leggendo fino alla fine si potrà scoprire se nera e malvagia o candida e pura o ancora disperata in un eterno bilico.
Geremia, nonostante sia ancora troppo piccolo per farlo, dovrà effettuare una scelta dolorosissima, la scelta peggiore che si può chiedere a un bambino e nessuna delle conseguenze della sua scelta sarà minimamente prevedibile.
Zero e Uno
è una storia che tocca nel profondo e tocca corde dolorose, ma è pur
sempre una fiaba e conserva in sé il senso di meraviglia, stupore e
desiderio che ogni fiaba riuscita deve avere e trasmettere. E’, questo,
un volume da leggere e rileggere dopo qualche giorno non tanto per, come
troppo spesso si dice retoricamente, “scoprire cose che non si erano viste/percepite alla prima lettura”, quanto piuttosto per scoprire dentro di noi che leggiamo, cose nuove, sentimenti e prese di posizione che alla prima lettura non abbiamo fatto emergere.
Volume consigliatissimo, stupendo.
Emilia
“Dodici microstorie sospese tra ironia e malinconia che mettono al centro il tema della cura tra generazioni”
(Dal risvolto di copertina di Emilia)
Emilia, di Fabio Bonetti, modenese nato nel 1981, è un volume composto da dodici microstorie che hanno per protagonisti una nonna, Emilia appunto, della quale è impossibile non innamorarsi immediatamente, e suo nipote.
Si potrebbe pensare: cosa c’è di meno attraente, cos’ha meno appeal di una nonna e suo nipote? Certo, c’è il precedente di Cappuccetto rosso,
ma in quella fiaba, se ci pensate, la nonna ha più una funzione
simbolica che altro (oltreché una funzione gastronomica per il lupo), ma
in realtà non ha quasi parte nella celebre fiaba.
Emilia invece è una nonna, e direi soprattutto una donna, assolutamente vera e piena di cose, ricordi, sentimenti, giudizi, amore, rabbia e buonsenso.
Purtroppo per lei, Emilia
non è esattamente in perfetta salute, ma ciò non le impedisce di
esercitare sempre, comunque e in ogni situazione, la sua dignità e il
suo essere persona.
Detta così, come ho fatto qui sopra, pare di trovarsi di fronte a un trattato politico sulla dignità delle persone anziane… e forse, in parte, è anche così, ma la cosa più importante è invece che in questo volume troviamo delle storie, brevi e bellissime, che si attanagliano al cuore e commuovono molto lasciandoci dentro un miscuglio intenso di sorriso e malinconia e tanta partecipazione.
Una delle cose che più ho apprezzato nel volume è stata proprio l’assenza di retorica (“sentimento” che nei confronti delle persone anziane è sempre in agguato ed è particolarmente odioso); niente retorica “buonista” né tantomeno cinismo cool, ma piccole storie piene di spunti, di allegria come di tristezza e soprattutto di vita.
Emilia
è anziana, certo, e non sta tanto bene e, come purtroppo spesso accade
col sopraggiungere dell’età avanzata, non è sempre perfettamente “in
ritmo” con ciò che le accade intorno, ma ha alcune fortune, certamente
costruite con affetto nel corso del tempo: un nipote che non si dimentica di lei e moltissimi ricordi, alcuni dei quali pieni d’amore.
Emilia, inoltre, possiede una certa cosa
che in talune situazioni – ad esempio nell’età avanzata e nella
malattia – si dimostra indispensabile per non soccombere completamente
alle asperità e alle durezze della vita: quella certa cosa è l’ironia.
Certo l’ironia – e ancor più l’autoironia di cui Emilia
è dotata - non nascono da sole, sono sempre il frutto di un lavoro che
le persone fanno su se stesse. E possederle aiuta, ma certo non basta a
scacciare quei brutti momenti di malinconia e di stanchezza, e talvolta
di umanissima volontà di morte, che ogni tanto fanno capolino.
Ogni microstoria ci fa capire che Emilia ha avuto e ha una vita in cui i sentimenti sono importanti e tenuti in considerazione, più delle malattie, più della consapevolezza del proprio stato di debolezza.
Una
delle prove di questo è l’affettuosa presenza del nipote, un giovanotto
anch’egli spiritoso e del quale non sappiamo molto se non che è tanto
affezionato ad Emilia e non solo la ascolta, ma le parla, le racconta a sua volta delle cose e le fa domande.
Perché,
guarda caso, per qualcuno è ancora importante interessarsi alle persone
più deboli ed essere loro vicino, nonostante in questo momento storico
l’interesse per le persone deboli pare essere diventata una cosa della
quale vergognarsi, anzi della quale non interessarsi proprio quando
addirittura non si arrivi al disprezzo per le persone deboli.
Tornando al fumetto: le microstorie non hanno necessariamente un “inizio” e una “fine”, spesso si tratta di situazioni nelle quali ci troviamo proiettati/e in media res (proprio come accade nella vita), ma tutte, tutte nessuna esclusa ci strappano un sorriso – quando non una risata – e talvolta uno stringimento al cuore per la commozione.
Tutto questo Fabio Bonetti
ce lo racconta usando uno stile di disegno essenziale ed efficace,
usando solo quattro colori e, talvolta in alcune vignette, le tonalità
del grigio.
L’autore rappresenta i personaggi con una particolarità, ossia sembra quasi che essi indossino una maschera
(come si può vedere dalle immagini a corredo di questo scritto: quasi
sempre la linea del volto lo circonda per intero, dando appunto un
“effetto maschera”) e questo mi ha colpito molto, perché – invece - non
ci sono personaggi meno “mascherati” di questi: Emilia, il nipote, i medici, le altre persone che compaiono nelle dodici microstorie, sono appunto più persone che personaggi. Chissà se quest’ultima è solo una mia impressione o se le “maschere” sono realmente volute dall’autore…
Ad ogni modo anche per questo volume il mio spassionato consiglio è quello di acquistarlo e leggerlo. L’effetto non potrà che essere profondamente intenso e occhi, mente e cuore ne beneficeranno.
Orlando Furioso (Ottobre 2014)
Note:
[1] La MalEdizioni ha il CORAGGIO di chiamare i fumetti… fumetti! Non “grafic nobelz”, non “ventisettesima arte”, non “danza classica disegnata” o altri simili, inutili, colpevoli/zzanti neologismi. Per questo motivo ai miei personalissimi occhi acquisisce ulteriori “punti” di stima.
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